Il futuro dell’ambiente sta nel saperlo comunicare
L’incontro con la Lipu ha riempito oltre ogni limite Palazzo Estense. La natura appassiona: tanti giovani per scoprire la vera ricchezza dei territori
L’obiettivo principale non è trasmettere la verità ma coinvolgere quanti più cittadini nella consapevolezza che l’ambiente è la cosa più preziosa che abbiamo. Sono le 16 di venerdì e non vola una mosca in un Salone Estense strapieno per l’incontro “Biodiversi-ché?” moderato e introdotto da Danilo Selvaggi, Direttore generale Lipu.
È la «Terza missione: trasferire tutto il nostro sapere al mondo», dice il professor Bogliani. «La difficoltà risiede nella trasmissione, nel trasferimento del sapere e dei dati. Ma come fare? Qui dovremmo avere l’umiltà di rivolgerci a chi della comunicazione ne fa mestiere: la televisione, più dei libri, è uno strumento efficace per comunicare». «Lifetib, il progetto di connessione e deframmentazione del territorio che fa da cerniera fra Appennini e Alpi farà storia perché è stata fatta in pratica ciò che noi insegniamo nelle università»
Angelo Salsi, referente della Commissione europea, parla della sua ricetta per la comunicazione: «Sono tre fattori: la divulgazione scientifica, informazione istituzionale, e il terzo è il marketing. Proprio come si vende un detersivo, dobbiamo imparare a vendere anche la biodiversità e la natura come valore che possediamo».
Marco Gisotti, giornalista ha affermato che «i giornalisti hanno una enorme responsabilità nel raccontare i fatti attraverso i dati scientificamente verificabile. A volte abbiamo un lessico intelligibile e incomprensibile». «Io stesso che di lavoro faccio il comunicatore,mi rivolgo a scienziati quando devo scrivere di ambiente. Per questo la Fima ha proposto una carta dell’informazione ambientale per puntare sul rispetto della terminologia».
Luca Natale del Parco Cinque Terre parla di comunicazione intesa come comunicazione turistica: «Oggi siamo legati ad un concetto di esumazione all’ambiente, al territorio, all’alimentazione: da noi vengono 2,5 milioni di persone l’anno a cercare questo»
Ogni giorno, animali e vegetali appartenenti a centinaia di specie selvatiche si muovono per vivere, cercare cibo, acqua e ambienti migliori e riprodursi. La loro sopravvivenza è legata anzitutto alla possibilità di spostarsi, dove, come e quando serve.
La comunità scientifica afferma che la perdita e la frammentazione degli ambienti naturali limita fortemente la capacità di movimento delle specie selvatiche. Si tratta di una tra le prime cause del declino della biodiversità, sia in ambiti geografici a elevata naturalità, sia nelle aree fortemente urbanizzate, ma il cittadino comune ignora questo problema o pare poco disposto a prendersene carico.
Mantenere una rete di connessioni tra le aree naturali è dunque essenziale per arrestare la perdita di biodiversità. Ma è necessario agire in fretta e farlo sapere alla gente. Connessione ecologica e comunicazione ambientale: le due grandi sfide per conservare la biodiversità.
Il professor Bogliani ha ricordato tutto questo: «La biodiversità può servirci eccome. In Indonesia si muore per i fumi della combustione della foresta per sottrarre foresta da destinare alle piantagioni di olio da palma. Qui stiamo bene, ma altrove si sta consumando l’apocalisse, con estinzioni di specie che nella storia hanno avuto e avranno forse importanza strategica per la vita dell’uomo. È il caso dell’Uro, antenato del bovino attuale, che si è estinto nel 1500. Se l’Uro si fosse estinto prima, le nostre generazioni sarebbero state spacciate. Lo stesso può dirsi dei farmaci, molti dei quali vengono prodotti grazie alla biodiversità. Se la perdiamo, perdiamo anche una possibilità in più di sopravvivenza: senza la penicillina metà delle persone presenti in sala, non sarebbero qui».
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