Il Governo taglia il fondo ai patronati, addio pratiche gratis

La legge di Stabilità prevede un taglio di 28 milioni di euro da sommare ai 35 del 2015. A rischio il 25% dei posti di lavoro e probabile introduzione di tariffe. Inca Cgil, Inas Cisl, Acli e Ital Uil hanno protestato davanti all'Inps

Inca Cgil, Acli,Inas Cisl e Ital Uil hanno protestato davanti alla sede varesina dell’Inps contro i tagli al fondo patronati previsti dalla Legge di stabilità. Nel 2016, se il legislatore non cambierà idea, nelle casse dei patronati entreranno 63 milioni di euro in meno: ai 35 milioni tagliati nel 2015, se ne aggiungeranno infatti altri 28. Il fondo passerà dunque dai 430 milioni di euro del 2014 ai 367 milioni del 2016, cifra solo in apparenza abbondante perché una volta ripartita tra i  60 milioni di cittadini italiani, si riduce a 6,11 euro pro capite.

La scelta del Governo Renzi, nel caso rimanesse inalterata, farà sentire le sue conseguenze sia sulle strutture dei patronati, costretti a tagliare il personale, sia sui cittadini, che non potranno più ottenere gratuitamente molte pratiche, dalla maternità alla pensione, dagli infortuni alla previdenza complementare, solo per citare le più richieste.

Protesta Patronati

Il termine gratuità non deve però trarre in inganno perché i cittadini quelle pratiche già le pagano in quanto il fondo viene alimentato con un prelievo pari allo 0,50% sulla contribuzione di ogni lavoratore. «In realtà il Governo si appropria già indebitamente di una parte di questo contribuito – spiega Maurizio Bertani direttore dell’Inas Cisl – perché al fondo patronati oggi arriva solo lo 0,226% di quella cifra».

«Lo slogan di questa giornata – aggiunge Daniele Bandi direttore dell’Inca Cgil – è “essere chiusi oggi per essere aperti in futuro”. Se i tagli fossero confermati i patronati si troverebbero di fronte al bivio o di chiudere delle sedi oppure di introdurre delle tariffe. In entrambi i casi chi ci rimette sono i cittadini».

In Italia i patronati danno lavoro a circa 5.200 persone.  Dal primo gennaio 2016, il 25% di questi lavoratori potrebbe essere lasciato a casa perché, dopo i tagli, non ci sarebbe la copertura finanziaria per gli stipendi. All’Inca Cgil di Varese lavorano 15 dipendenti, distribuiti in sette sedi in provincia, che svolgono oltre 10mila pratiche all’anno. All’Inas Cisl ne lavorano 16 distribuiti in 9 zone della provincia, poco meno alle Acli e negli uffici dell’Ital Uil. «Nei nostri uffici gestiamo dai 40mila ai 50mila accessi all’anno – racconta Marco Montalbetti, direttore del patronato Acli della provincia di Varese -. Si va dalla semplice informazione allo svolgimento di pratiche complesse. I patronati sono un servizio vero che fa risparmiare allo Stato 664 milioni di euro all’anno per pratiche che dovrebbero svolgere Inps, Inail e ministero dell’Interno».

I patronati sono in attesa di pagamenti che risalgono ancora al 2012. Il Governo infatti liquida l’80% al momento dell’attività e il resto a tranche: all’appello mancano dunque 240 milioni di euro a cui si devono aggiungere i 395 milioni per l’attività del 2015. In attesa di questi soldi i patronati pagano fior di interessi alle banche.
«Spero che il legislatore cambi idea – conclude  Silvana Incollà, direttore della Ital Uil – altrimenti i nostri sei dipendenti  diventeranno quattro. E introdurre delle tariffe non è la soluzione, far pagare dei servizi non è nel nostro dna».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 04 Dicembre 2015
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