Applausi e commozione per Il violino della Shoah tornato “libero”
Un teatro gremito di studenti ha applaudito la storia dello strumento che ha suonato nell’orchestra di Auschwitz e partito da Tradate. Numerose le testimonianze
Un teatro gremito di ragazzi ha accolto il ritorno a Tradate del “Violino della Shoah”. Strumento partito dalla città nel ’43 con destinazione Auschwitz, perché proprio da questa città furono deportati di fratelli Levi, Maria ed Enzo, che erano ospitati dalla famiglia Sternfield, imprenditori della città, a Villa Truffini, per sfuggire alle persecuzioni razziali.
Purtroppo, però, vennero trovati lo stesso: il capostazione di Tradate riuscì a salvare il padre, ma loro vennero deportati. Maria portò con sé questo violino ed entrò a suonare nell’orchestra del campo di concentramento, permettendole di rimanere in vita. Nel corso del tempo, però lei perse la vita, e il violino venne custodito dal fratello fino alla liberazione. Da allora se ne persero le tracce, e il ritrovamento è avvenuto per merito del collezionista Carlo Alberto Carutti. Sabato 20 febbraio, l’amministrazione comunale ha organizzato una mattina per gli studenti durante la quale questo violino è tornato a suonare “libero”.
Laura Cavalotti, sindaco di Tradate, ha aperto l’incontro: «Poter raccontare quanto accaduto è la somma dei pezzi di un puzzle: prima è emersa la storia del violino parlando con Federica Broggi, professoressa dell’Istituto Pavoni, poi la passione di Federico Colombo degli Studi Storici, ma anche l’ingegnere Carutti che ha ritrovato il violino e lo ha messo a disposizione per questa giornata». E poi l’appello agli studenti: «Da questo evento vorrei che rifletteste sulla storia, cercando di mantenere la sensibilità e non diventare indifferenti crescendo. Mantenete l’attenzione alla persona, sempre».
Sul paco è salito anche Federico Colombo, con in mano il cappello del capostazione Andrea Albisetti, portato dall’unica erede oggi vivente, Maria Rosa Galli, presente in sala (qui la sua intervista). «Come il violino anche questo è un simbolo di un periodo che non va dimenticato. Questo cappello è stato indossato da un uomo che ha rischiato la propria vita per salvare i perseguitati. E oggi in sala abbiamo un persona che ha conosciuto quest’uomo».
Ed ecco la testimonianza di Gianna Sternefeld, figlia dell’imprenditore tradatese che ha ospitato diverse persone perseguitate: «La persona che lo indossava era una persona speciale, un grande antifascista. Era riuscito a organizzare un gruppo di partigiani che hanno cercato di salvare chi era perseguitato in quel momento. Ha salvato il padre dei fratelli Levi, purtroppo col rimorso di non aver capito la gravità del momento, non riuscendo a far scappare anche i figli prima che arrivassero i tedeschi, perché avevano voluto aspettare il padre».
Prima dell’esecuzione del violino, sono stati gli stessi studenti del liceo Marie Curie a portare la testimonianza, con tanta emozione, di quanto accaduto nei campi di concentramento, con una domanda: «Perché tanta crudeltà? A questo non riusciamo a darci una risposta».
Sul palco anche Carlo Carutti, 93 anni, appassionato di musica di Milano, che ha ritrovato il violino dei fratelli Levi. «Ho sempre pensato che nulla avviene per caso, se ho ritrovato questo strumento è perché questo tornasse a vivere a raccontare al mondo quanto aveva vissuto. Niente avviene per caso, e anche in questa situazione la mia passione è utile per il ricordo».
La mattina è terminata proprio con l’esecuzione del violino da parte del professor Lo Guercio, direttore dell’orchestra del Lago Maggiore, a cui è seguito un lungo applauso da parte degli studenti. Per tutti, una mattina difficile da dimenticare.
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