Anastasi: “Cruyff mi batté due volte, era il migliore dell’epoca”
L'ex centravanti del Varese ricorda il campionissimo olandese: «Accentratore senza essere egoista, in quegli anni era il numero uno»
Due incontri diretti e due sconfitte, una delle quali particolarmente dolorosa, ma se a batterti è il migliore al mondo, non puoi certo volergli male. Pietro Anastasi, il più grande campione della storia del Varese, ha incrociato due volte la propria strada con quella di Johan Cruyff e in entrambi i casi a vincere è stato il “profeta del gol”.
Oggi Anastasi – che proprio domenica ha festeggiato a Masnago con i biancorossi promossi in Serie D – ha la voce triste quando deve tributare un omaggio al fuoriclasse olandese. «Mi spiace, mi spiace davvero tanto – spiega a VareseNews – ha sofferto di una malattia che lo ha fatto soffrire, se n’è andato troppo presto. Al giorno d’oggi 68 anni è un’età per cui si è ancora troppo giovani per morire».
Ai tempi i confronti diretti tra i grandi campioni erano molto meno frequenti rispetto a oggi: non c’era la Champions League che propone di continuo scontri d’alta quota né un calendario fitto per le squadre nazionali. «Per questo ci incontrammo solo in due occasioni – ricorda Anastasi – e quindi non abbiamo avuto modo di conoscerci di persona al di là dei saluti e delle frasi di circostanza».
Il primo confronto avvenne a Belgrado: 30 maggio 1973, davanti a 90mila persone. L’Ajax di Cruyff supera 1-0 la Juventus di Anastasi nella prima finale di Coppa dei Campioni giocata dai bianconeri (nella foto in alto: Cruyff al tiro, Anastasi sullo sfondo). «Ho un ricordo nitido del dopo partita, in quella serata per me dolorosa – spiega Anastasi – al momento di lasciare lo stadio i pullman delle due squadre erano affiancati. Io ero su quello della Juve e vidi Cruyff salire con la Coppa in mano e letteralmente depositarla sui sedili in fondo. Lui e quell’Ajax erano così forti e abituati a vincere che “trattarono” quel trofeo come se fosse un premio normale mentre per noi rappresentava un sogno enorme e svanito per il gol di Rep».
Un anno e mezzo dopo – novembre ’74 – “Pietruzzu” era al centro dell’attacco azzurro nella partita di Rotterdam valida per le qualificazioni europee. E anche lì a prevalere fu la banda guidata dal mito con il numero 14 sulla schiena. «Passammo in vantaggio dopo pochi minuti, poi l’Olanda pareggiò. E a un certo punto Cruyff decise di vincerla da solo: prima un gol, poi un altro nel giro di pochi minuti e finì 3-1 per loro». Era “l’Arancia Meccanica”, una delle nazionali più incredibili della storia che pochi mesi prima aveva perso in Germania la finale mondiale contro i padroni di casa di Beckenbauer e Gerd Müller.
«In quegli anni – conclude Anastasi – Johan era realmente il giocatore più forte del mondo. Pelè era a fine carriera, in quel momento fu lui la superstar dell’epoca: Cryuff è anche difficile da paragonare ad altri. Era un grande accentratore del gioco ma senza assolutamente essere egoista: Ajax e Olanda erano squadre rivoluzionarie e lui era il numero uno indiscusso».
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