Barbara e Marco, due varesini nell’America di Trump

Barbara e Marco hanno 30 anni, sono entrambi varesini e si sono conosciuti sui banchi del Liceo Classico Cairoli. Dal loro matrimonio è nata la piccola Vittoria, che ha poco più di un anno e vive con mamma e papà a Dover, nel New Hamppshire

Avarie

Due giovani italiani negli Stati Uniti. L’elezione di Trump a 45° presidente degli Usa ha sconvolto, stupito, fatto discutere tutto il mondo. Inevitabile che anche chi si è trasferito in America da poco sia stato travolto da questa novità, forse inattesa, forse non così tanto.

Barbara e Marco hanno 30 anni, sono entrambi varesini e si sono conosciuti sui banchi del Liceo Classico Cairoli. Dal loro matrimonio è nata la piccola Vittoria, che ha poco più di un anno e vive con mamma e papà a Dover, nel New Hamppshire: «Ci siamo trasferiti qui per il lavoro di Marco – racconta Barbara -. Abitiamo in una zona tranquilla e verde, abbastanza lontana dal caos metropolitano. Marco, dopo 8 anni alla Lindt Italia, è stato trasferito alla sede di Stratham come Product Technology Engineer. Io invece faccio la mamma a tempo pieno, aspettando il momento giusto per ottenere il visto lavorativo e ricominciare a lavorare».

Che dire sulla vittoria di Trump? «Beh, sicuramente si respira malcontento ovunque. Delle nostre conoscenze quaggiù solo due hanno sicuramente votato per lui. Per motivi diversi però. La prima è una donna sulla sessantina. Una bellissima persona, intelligente e in gamba. Ma forse un po’ ingenua. Un lavoro come autista di pullman part time, una casa in affitto e la fatica ad arrivare alla fine del mese. Sfiduciata dalla Clinton, in quanto “per 20 anni non ha fatto nulla, perché dovrebbe mantenere le sue promesse adesso?”, e ha deciso di affidarsi ad un volto nuovo. La seconda, più che benestante, una carriera come medico. Forse il suo voto è valso a tutelare i propri interessi e del resto..che importa? Il resto degli americani con cui ho affrontato il discorso (giovani, vecchi, ebrei, cristiani, musulmani, ricchi, poveri, democratici, repubblicani) sono sconvolti – spiega ancora Barbara -. Si dicono imbarazzati per il loro paese, vogliono emigrare e sono preoccupati per il futuro. I meno abbienti hanno paura di perdere il grande aiuto che per loro è stato l’Obama Care, e le donne si dicono offese di fronte all’enorme mancanza di rispetto del loro nuovo presidente. Per di più il sistema elettorale americano è piuttosto bizzarro (almeno per noi): pur avendo ottenuto il maggior numero di voti, la Clinton ha perso a causa Grandi Elettori. Stanno protestando in varie città da est a ovest, da nord a sud. La California è la più scontenta. Probabilmente, dicono, se al posto della Clinton ci fosse stato Bernie Sanders, il risultato sarebbe stato diverso. Molti democratici hanno rinunciato al voto e non facciamo fatica a capire il perché, anche se non approviamo questo atteggiamento. Trump ha preso molti voti nel Midwest dove c’è carenza di lavoro e dove le grandi aziende si sono trasferite in Sud America o in Cina. Ha vinto la sua propaganda e le sue promesse di riportare l’America ai “grandi splendori”. Più lavoro, meno immigrati. Ha cavalcato l’onda di malcontento e il suo becero populismo lo ha portato  a raggiungere il suo obiettivo».

Barbara ha anche raccolto il parere di Amelia Katia, una donna italiana trasferitasi negli Usa ormai 26 anni fa: «L’America è sempre stato un paese xenofobo, razzista, classista, maschilista e sciovinista. Questa non è una novità. Per decenni gli USA hanno difeso e alimentato la possibilità di farsi una vita decente, di passare da nessuno a qualcuno, di coltivare un sogno e di realizzarlo, il mito del sogno americano. Poi, con l’aumentare di quelli che avevano realizzato il sogno imprenditoriale e quindi di quelli che si erano arricchiti, è anche aumentata l’avidità. Non basta una casa, ce ne vogliono 10, non basta più una macchina sola: io ho un amico, famoso ristoratore locale, che ha cominciato da lavapiatti e ora è proprietario di 22 ristoranti messicani dal Maine al Connecticut. Possiede ora 7 macchine, cioè una per ogni giorno della settimana: l’ultima volta che sono stata a casa sua voleva impressionarmi con queste macchine, io gli ho chiesto a cosa servisse avere 7 macchine? Quando l’avidità arriva a questi livelli, si perde il contatto con il resto della popolazione. Poi ci sono gli emarginati, i disoccupati, i malati di mente, i drogati ecc ecc. Il partito democratico non è stato capace di proteggere i loro diritti, ha protetto i privilegi delle banche, dei ricchi, di coloro che hanno messo queste persone in mezzo ad una strada. Quando Trump è salito sul podio televisivo e ha visto che questa gente è facilmente influenzabile ne ha approfittato, è andato a trovarli e gli ha sbattuto in faccia il suo disprezzo, ma anche il suo denaro, convincendoli che lui , avendo soldi, potere e arroganza, può cacciare i musulmani, i messicani, i cinesi, e ridare agli americani più poveri un posto di lavoro. Ha giocato la carta del razzismo, la carta dell’uomo che può permettersi qualunque donna perché anche le donne sono solo oggetti e l’unica cosa che amano sono i soldi e gli uomini potenti. Anche le donne hanno votato per Trump. Trump con la sua politica eliminerà sì la povertà, ma intanto distruggerà la terra, le libertà individuali e darà al popolo l’autorizzazione ad essere razzista e bugiarda».

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Pubblicato il 12 Novembre 2016
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