Da oggi a Varese con gli appalti si cambia
Il sindaco Davide Galimberti ha detto che il comune si impegnerà a rispettare i termini di pagamento nei confronti delle imprese
«Non si capisce perché se un Comune deve pagare a trenta giorni, non debba rispettare questo termine. Io ci metterei una penale, ma poi mi accuserebbero di fare gli interessi delle associazioni di categoria». L’affermazione del sindaco di Varese, Davide Galimberti, è stata fatta con un protocollo ancora caldo posato sulla scrivania pronto per essere sottoscritto con le associazioni di categoria e i sindacati del settore costruzioni.
Un’intesa che potrebbe cambiare la faccia degli appalti in questa provincia proprio perché è il sindaco che ci mette la sua di faccia. Fare un’affermazione del genere, cioè sull’impegno a rispettare tassatitavemente i termini di pagamento della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese private, vuol dire provare a guarire la ferita principale nel corpo martoriato delle commesse pubbliche.
Per dare un termine di paragone, il tempo medio di pagamento in Svezia (pubblico e privato) è di trenta giorni. Lo stato svedese nel complesso fa molto meglio del privato perché paga a 25 giorni. In Italia, prima della crisi, la media era di 150 giorni, con un picco di oltre 200 giorni del 2012 per ridiscendere a partire dal 2014 a 125 giorni. Mentre lo stock dei debiti delle pubbliche amministrazioni è di circa 65 miliardi di euro, di cui il 62% dovuto a ritardi (Fonte Banca D’Italia).
Le parti che hanno sottoscritto il protocollo con il Comune di Varese (Cna, Confartigianato, Ance, Cgil, Cisl e Uil) sono consapevoli che il ritardato pagamento dei debiti ai privati porta con sé una serie di problemi per le imprese: dalla mancata formazione alla sicurezza precaria dei lavoratori, entrambe percepite come un costo da abbattere e non come un valore. Dalla mancata occupazione a forme di concorrenza sleale più o meno conclamata. Per non parlare poi dei problemi nell’accesso al credito, con le banche sempre più restie a concedere affidamenti a sostegno dell’attivo circolante.
L’intesa prevede che a fronte dell’offerta economica più vantaggiosa, ciò che peserà nella scelta di affidare un lavoro a un’impresa saranno proprio la sicurezza dei lavoratori, i percorsi di formazione seguiti, le attrezzature e il personale specializzati, la solidità industriale. Non basterà più dunque avere una partita iva, una cazzuola e un’offerta che più bassa non si può. Regole che guideranno la scelta anche nelle procedure negoziate, cioè senza bandire un gara d’appalto, al di sotto del milione di euro.
Il protocollo specifica inoltre che la pubblica amministrazione controllerà e monitorerà i cantieri per la corretta applicazione
delle norme contrattuali, degli standard di formazione in relazione alla mansione svolta, di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. In un settore, quello delle costruzioni e del movimento terra, ampiamente infiltrato da organizzazioni mafiose, è importante il richiamo del protocollo all’acquisizione del Durc (documento unico di regolarità contributiva) e all’obbligo di fornire le generalità complete delle maestranze impiegate, copia del libro unico e copia della carta di circolazione dei mezzi usati. Infine, per evitare fenomeni di capolarato, altra piaga italiana, si prevede nei capitolati l’obbligo dei pagamenti con bonifico bancario e comunque con modalità in cui sia garantita la tracciabilità dello stesso.
(nella foto da sinistra: Flavio Nossa della Cgil Varese, Orlando Saibene presidente di Ance, Roberta Tajè direttore Cna Varese, il sindaco Davide Galimberti, Riccardo Cutaia della Uil, Giulio Di Martino di Confartigianato Imprese Varese e Roberto Turri della Cisl).
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