I tempi per un’economia civile sono maturi
Alla Liuc si sono confrontati professori, imprenditori, manager e religiosi sul nuovo umanesimo in economia. Renato Ruffini: «Per molti anni è stato un fiume carsico che ora riemerge»
L’immagine del «fiume carsico», usata da Renato Ruffini per parlare dell’economia civile, è efficace. Per il professore della Liuc, non si tratta infatti di definire una nuova teoria economica, quanto piuttosto di far riemergere ciò che già si predicava e sosteneva alla fine del Settecento, epoca in cui all’economia venivano associati i concetti di felicità pubblica, gratuità, reciprocità e relazione. L’esatto contrario dell’impostazione dell’economia classica dominata dall’homo economicus individualista, egoista, concentrato sul mero scambio e stimolato dall’incentivo. L’essere umano, come direbbe l’economista civile Leonardo Becchetti, è dunque più un ricercatore di senso che non un semplice egoista.
La tavola rotonda organizzata all’ateneo di Castellanza, a cui hanno partecipato imprenditori e manager, oltre ai docenti Renato Ruffini, Eliana Minelli e al cappellano Omar Cappelli, ha fatto ritornare in superficie non solo quel fiume di concetti colpevolmente ignorato dagli economisti per troppo tempo ma anche le imprese che in quelle acque stanno navigando.
I TEMPI SONO MATURI
L’economia civile è uscita dall’angolo della storia e a darle la spinta finale è stata la recente crisi che ha costretto tutti a ripensare in modo profondo il proprio modo di stare al mondo, a partire dalle relazioni nel lavoro e nel modo di fare impresa. «Non penso sia un caso – ha detto Lucia Riboldi, responsabile del personale della Viba spa di Tradate e fondatrice della Rete Giunca – che alcuni dei temi di cui stiamo parlando, da qualche anno ritornino con una certa frequenza e in più ambiti, compreso quello industriale».
Per chi gestisce le risorse umane, avere attenzione alle persone, ancor prima che ai lavoratori, è un altro passaggio che può fare la differenza tra chi muore e sopravvive nel nuovo ordine globale. «Secondo alcune ricerche – ha sottolineato la manager – le imprese coesive hanno migliori bilanci e creano più occupazione. Ascoltare le persone e favorirne la partecipazione le rende stabili all’interno dell’organizzazione, migliorandone il clima complessivo».
LA PROVVIDENZA NEL BILANCIO
Ci sono alcune voci di bilancio che il commercialista non conosce, ma che alcuni imprenditori sono abituati a mettere nel conto economico: il rischio- fiducia tra i costi e la provvidenza tra i ricavi. Marco Poma, dopo una vita da consulente informatico, ha fondato un’azienda di servizi che fa parte di una rete di 800 imprese nel mondo ispirate al movimento dei focolarini. «Chiara Lubich, fondatrice del movimento – spiega Poma – si chiedeva come l’intelligenza umana potesse far convivere una città opulenta con una misera baraccopoli. Non ci può essere un mondo nuovo senza uomini nuovi che mettano al centro la relazione con la persona».
L’uomo nuovo è dunque anche l’imprenditore che accetta il rischio di accordare fiducia a chi gliela chiede, senza calcoli o tornaconto, affidandosi invece al valore della reciprocità e della gratuità che non è sinonimo di “gratis”.
SE GLI IMPRENDITORI CONOSCESSERO IL VALORE DELLA GRATUITÀ LA QUOTEREBBERO IN BORSA
Renato Ruffini ha introdotto il tema della consapevolezza di alcuni valori nella vita dell’imprenditore. Non è necessario che questa visione sia la diretta conseguenza di una fede religiosa, perché le persone possono decidere di perseguire il bene comune in quanto lo ritengono “laicamente” giusto. La cultura civica può essere il portato di una tradizione mutualistica che in Italia ha radici profonde e, senza scomodare i soliti nomi di Olivetti ed Einaudi, molto spesso ha il volto del piccolo imprenditore. Proprio come Giorgio Bombelli artigiano che nel pieno della crisi ha tenuto duro per non licenziare nessuno. «Ho accettato di subentrare nell’azienda di famiglia per amore di mio padre – racconta l’imprenditore – anche questo è un motivo che appartiene alla sfera spirituale. Poi ho aderito all’economia di comunione e in un mondo che si allontana sempre di più dalla relazione, avere un ideale è un motore che aiuta ad andare avanti».
L’INGANNO CONSUMISTICO
Don Omar Cappelli è il giovane cappellano della Liuc. Nonostante ciò, per scandire e spiegare il nuovo umanesimo dell’economia civile, non parla di religione. «L’imperativo dell’utile ad ogni costo – ha concluso il religioso – è una riduzione di senso perché dire che deve per forza essere così segna il passaggio dall’etica alla morale. Il capitalismo è quindi una morale riduttiva che mette in ombra la buona qualità dei valori del lavoro e del fare impresa. Il nostro desiderare continuamente è l’effetto dell’inganno consumistico che crea bisogni ma non li satura perché la moda è la pubblicità creano solo dipendenze».
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