L’economia lombarda corre a tre velocità
Il Centro sullo sviluppo dei territori e dei settori della Liuc ha presentato una ricerca sull'attrattività dei territori per le imprese. L'asse pedemontano conferma la sua vocazione. Varese meglio di Bergamo e Brescia
C’è un’immagine che per anni ha rappresentato bene il fenomeno dell’industrializzazione lungo l’asse pedemontano: la città infinita. Questa definizione coniata dal sociologo Aldo Bonomi è la sintesi perfetta di quella prospettiva interminabile di capannoni e fabbriche, per lo più piccole e medie, che a partire da Varese scorre parallelamente all’autostrada, dando l’impressione, appunto, di non finire mai, anche dopo essersi lasciati alle spalle Milano, Monza e Bergamo fino ad arrivare a Brescia, la nostra “Finisterrae”. Una specie di affresco a cielo aperto del manifatturiero nostrano.
Che cosa è successo alla «città infinita» durante gli anni della crisi? È rimasta attrattiva come un tempo? Ha allargato i suoi confini o li ha ristretti? È ancora il motore della ricchezza e dell’occupazione lombarda o si è tramutata in semplice cassaforte del passato? E soprattutto, quali sono le sue prospettive?
UNA LOMBARDIA A TRE DIVERSE VELOCITÀ
A queste e ad altre domande legate all’attrattività dei territori ha cercato di rispondere la ricerca “Firm drain – Firm Gain, favorire la localizzazione di imprese sul territorio”, elaborata dal Centro sullo sviluppo dei territori e dei settori della Liuc Business School. Lo studio, che si basa sui dati della piattaforma “100 % Lombardia” e sostenuto da Ubi Banca, è stato curato dal professor Massimiliano Serati, direttore del centro, e dal giovane ricercatore Andrea Venegoni.
Le province più attrattive per le imprese manifatturiere sono quelle dell’asse pedemontano, vale a dire Milano e Monza Brianza, con Varese che, seppur di poco, fa meglio di Bergamo e Brescia. L’asse del Po, rappresentato da Cremona, Pavia e Lodi, è il meno attrattivo.
Dal 2005 al 2015 nel manifatturiero c’è stata un’evoluzione che evidenzia una spaccatura tra il nord e il sud della regione, mentre c’è un rafforzamento minimo della fascia prealpina e alpina, la fascia meridionale, che comprende anche Mantova, fa registrare un indebolimento. «Con la crisi – ha spiegato Venegoni – c’è stata una polarizzazione nella mappatura delle attività imprenditoriali in Lombardia che ha favorito le aree con più infrastrutture e demograficamente più sviluppate». Tra i fattori che convincono di più un imprenditore a scegliere una determinata area ci sono inoltre la disponibilità di capitale umano, meglio se giovane e di alto profilo, la dotazione di ricchezza privata del territorio e il tasso di specializzazione nei settori innovatori ed esportatori.
LAGHI E ALTA VALTELLINA: SI POTREBBE VIVERE BENE ANCHE CON IL TURISMO
Il sud del Varesotto, grazie alla sua dotazione di infrastrutture, si conferma ad alta attrattività per le imprese del manifatturiero. C’è un rafforzamento evidente del Saronnese e dell’area di Malpensa, mentre Busto Arsizio e Gallarate consolidano la loro buona performance. Soffre invece il nord della provincia e i comuni della fascia dell’alto e medio Verbano, ad eccezione di Luino e Laveno che confermano la loro capacità attrattiva.
La ricerca della Liuc analizza anche la situazione del settore del turismo e dei servizi connessi. Se per il commercio la provincia di Milano mantiene la leadership, grazie all’effetto positivo di Expo, i laghi e la Valtellina mostrano il migliore potenziale nel settore turistico. In particolare la provincia di Varese ha ampi margini di miglioramento nei territori vicini ai laghi perché anche in questo caso a crescere sono solo i grandi centri, come Luino e Laveno. Spostandosi invece più a sud, Busto e l’area di Malpensa manifestano tutto il loro dinamismo. «Nel turismo – spiega il ricercatore della Liuc – si conferma, anche se in modo meno marcato, l’asse Milano, Bergamo, Brescia. Al tempo stesso si osserva che il turismo aiuta a rilanciare quei territori a scarsa propensione per il manifatturiero, come l’Alta Valtellina così come il nord della nostra provincia e i laghi».
LE PROSPETTIVE PER I PROSSIMI ANNI
«Dopo dieci anni di turbolenze e grandi cambiamenti legati in parte alla crisi – conclude Venegoni – ci aspettano, in linea con quanto previsto dal Fondo monetario internazionale, cinque anni di consolidamento. La nostra ricerca conferma che c’è una lieve ripresa di alcune aree periferiche e più lontane dai centri ad alta densità abitativa».
Per il manifatturiero qualche segnale incoraggiante arriva anche dal nord del Varesotto, ma la porta d’ingresso della «città infinita» si sposta sempre più a sud.
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