“Privacy nel cyberspace: illusione o possibilità”
L'approfondimento scientifico all'inaugurazione è spettato alla professoressa Elena Ferrari, docente di Informatica del Dipartimento di Scienze Teoriche ed Applicate
																			
                        
						
						
						
						Siamo ormai immersi nel cosiddetto cyberspace, dove milioni di dispositivi elettronici di varia natura e capacità computazionale sono connessi tramite Internet. In questo mondo iper-connesso, dispositivi con varie capacità computazionali acquisiscono dal mondo fisico svariate tipologie di dati, spesso di carattere personale, e li elaborano, in maniera più o meno sofisticata, tramite algoritmi per offrire servizi a diversi attori (quali privati cittadini, aziende, pubbliche amministrazioni) ed ottimizzare processi. Il software diventa quindi sempre più pervasivo.
È chiaro che questo scenario comporta notevoli vantaggi, dovuti principalmente alla possibilità di poter disporre di enormi quantità di dati ma, nel contempo, pone grandi sfide rispetto alla protezione dei dati personali.
Proteggere la privacy nel cyberspace è operazione complessa in quanto non esiste più un perimetro definito da proteggere, né una netta divisione tra pubblico e privato. È un ambiente dove tutto è duale e dove l’attaccante è anch’esso un nodo della rete, spesso fisicamente distante dal luogo attaccato. Gestire questa complessità richiede quindi una combinazione di fattori, non solo tecnologici.
È quindi lecito chiedersi se in questo scenario sia ancora possibile preservare la privacy dei dati.
Alcune sfide fondamentali dovranno essere affrontate nei prossimi anni e le  principali tecnologie possono essere già oggi utilizzate a tale scopo.
Diventa così centrale il tema della decentralizzazione come meccanismo per superare le attuali architetture centralizzate in cui pochi provider, i cosiddetti over-the- top, detengono la maggior parte dei dati personali a livello mondiale e dove strumenti, quali blockchain, possono diventare abilitanti per un modello alternativo di gestione dati.
Fino ad arrivare al concetto di Personal Data Store, un luogo logico dove l’immensa quantità di dati digitali rilasciata da ogni cittadino possa essere memorizzata ed analizzata con opportuni strumenti per estrarre conoscenza in grado di migliorare la nostra vita (ad esempio ottimizzare i nostri consumi, migliorare il nostro stile di vita).
Qualità dei servizi e privacy possono convivere, tramite l’utilizzo di dati personali che escono dai sistemi protetti solo dopo essere stati trasformati (ad esempio tramite tecniche di anonimizzazione) in modo da rendere trascurabile il rischio che i dati siano collegabili all’identità di uno specifico utente.
Tutto questo è in linea con il nuovo regolamento europeo per la protezione dei dati personali – GDPR: General Data Protection Rule. Infine, è importante sottolineare l’importanza del fattore umano, che in questo contesto ha una duplice valenza. Da una parte, esiste la necessità che gli utenti diventino consapevoli del valore dei loro dati personali e dei rischi/benefici che la loro divulgazione comporta, dall’altra esiste l’urgente necessità di persone con una informazione accademica di livello, preparate ad affrontare un mondo di tale complessità.
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