
Anche il “bonus Renzi” nella mega truffa partita da Varese
I meccanismi per appropriarsi dei rimborsi Inps attraverso il Nuovo assegno per la disoccupazione

Ci sono anche gli 80 euro del cosiddetto “Bonus Renzi” fra gli emolumenti che lo Stato ha corrisposto ai falsi beneficiari, fra i 92 “dipendenti” denunciati dalla Guardia di Finanza di Varese, assunti da società appositamente controllate per la mega truffa.

Ieri, lunedì 19 marzo, sono state arrestate per questo tra Varese e Reggio Calabria 9 persone. Le indagini sono ancora in corso ma alcuni particolari “tecnici” di come il raggiro veniva realizzato sono emersi fra le ricostruzioni degli inquirenti. Lo ha spiegato in conferenza stampa il Tenente Colonnello Emiliano Jacoboni, alla presenza del comandante provinciale delle fiamme gialle Colonnello Francesco Vitale.
Il sistema, per questa tranche delle indagini – le altre due sono strutturare su leasing auto mai onorati e su acquisti di beni pagati con assegni scoperti o finti bonifici – funzionava così: i malviventi prendevano il controllo di società in difficoltà, o sul filo del fallimento.
A questo punto venivano reclutati i dipendenti infedeli, assunti fittiziamente e scelti fra persone in difficoltà economica, disoccupati, tossicodipendenti e in alcuni casi anche malati gravi che percepivano così una busta paga fasulla senza lavorare un giorno. Poi venivano licenziati, e veniva presentata all’Inps l’istanza a sostegno del reddito – la Naspi, ma in alcuni casi anche formule più datate, visto che le indagini sono in corso da due anni.
A quel punto l’Inps (che aveva ricevuto copia di carta d’identità con cui veniva comunicato il “PIN Cittadino”) erogava l’assegno di disoccupazione che veniva “caricato” su carte prepagate.
L’importo veniva poi diviso: il 30% restava al finto lavoratore, e il rimanente 70% andava all’organizzazione. Una volta “bruciata” un’azienda, ne veniva utilizzata un’altra per lo stesso giochetto.
Così veniva frodato lo Stato.
Ma di quanto? L’ammontare, secondo gli investigatori, è di circa 900 mila euro.
Una discreta somma, realizzata grazie alle conoscenze tributarie dei commercialisti implicati.
A titolo di esempio basta pensare che per uno stipendio di 1600 euro netti percepito prima del licenziamento, grazie alla Naspi era possibile incamerare circa 900 euro netti di disoccupazione: la normativa attuale stabilisce che per percepire l’assegno è sufficiente avere almeno 3 mesi di contributi versati nell’ultimo anno solare.
La durata massima della Naspi è di due anni sebbene a partire dal quarto mese l’assegno venga ridotto del 3% al mese fino al termine del periodo.
Un meccanismo analogo anche per gli ammortizzatori sul lavoro in vigore in precedenza come l’Aspi e, prima ancora, l’assegno di disoccupazione.
I professionisti accusati di aver dato vita all’associazione a delinquere finalizzata alla truffa in materia di erogazioni previdenziali sfruttavano anche l’art. 1 del D.L. n. 66/2014, che istituì il cosiddetto “Bonus Renzi”, vale a dire gli 80 euro circa che figurano in busta paga ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore ai 26 mila euro: grazie ad un gioco di conguagli, anche questa cifra entrava nel “calderone” di alcune posizioni lavorative, frodando l’ente previdenziale e finendo nelle tasche degli indebiti percettori.
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