
Ergastolo per Stefano Binda. Commossa la madre di Lidia Macchi
Alle 13 di martedì 24 aprile la lettura della sentenza. L’accusa: «La verità storica è questa». La difesa: «Sentenza ingiusta, ricorreremo in appello»
Ergastolo.

Una sola parola è bastata, pronunciata poco dopo le 13 di martedì 24 aprile, per capire com’è finito il processo a carico si Stefano Binda, condannato per l’omicidio di Lidia Macchi, uccisa 31 anni fa.
Il colpevole è lui, secondo la Corte d’Assise di Varese, che non ha riconosciuto i motivi futili e abbietti, lo ha interdetto dai pubblici uffici e ha stabilito una provvisionale di 200 mila euro a favore della madre della vittima, e di 80 mila ciascuno per il fratello e la sorella di Lidia, presenti in Aula.
L’ACCUSA – «Bisogna credere che uno Stato c’è, ci sono verità e giustizia», ha affermato il procuratore generale Gemma Gualdi che ha confermato che «la verità storica è questa».
LA FAMIGLIA – Commozione da parte della madre di Lidia, Paola Bettoni, che subito dopo la sentenza, soffermandosi coi giornalisti, si è espressa: «Io ho sempre chiesto il colpevole, non uno a caso: da quanto emerso nel processo penso che Binda lo sia».
VIDEO – LE PAROLE DELLA MAMMA DI LIDIA MACCHI
LA DIFESA – Grande amarezza, invece da parte della difesa, che ha annunciato di voler ricorrere in appello: «Ringraziamo tutti quelli che hanno contribuito a difendere Stefano, anche in quest’aula. Leggeremo le motivazioni (che saranno pubblicate tra 90 giorni, ndr) per capire che peso ha questa eliminazione dei motivi abbietti e futili, che in caso di condanna pensavamo fossero un pilastro. La sentenza è profondamente ingiusta, si è fatta la storia anche di un Tribunale e tutto ciò ha pesato sulle spalle di Binda. Se fossero state fatte indagini più approfondite, non saremmo qui a parlare di questa condanna».
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Ma come fanno gli avvocati a difendere gli assassini? Certo che devono averne di pelo sullo stomaco :'(