Il ’68 in redazione, segni della storia nel nostro presente raccontato

A cinquant’anni dal grande movimento che scombussolò il mondo, un incontro con i moderni traduttori di quella stagione

Avarie

Raccontare il cambiamento è compito di ogni giornalista che si rispetti. Ma c’è cambiamento e cambiamento. E il ’68 arrivò con la forza di un macigno nello stagno della società civile prima americana e poi europea, di cui l’Italia faceva parte a pieno titolo.

Come di consueto, tra i numerosi eventi – 60 in programma su quattro giorni – che contraddistinguono il festival del giornalismo digitale di Varese, Glocal, verrà dedicato spazio anche per la storia.

Sarà un sapore di ricorrenza quello che si potrà respirare il prossimo 8 novembre al teatrino Santuccio a Varese (Via sacco, di fronte al Comune) quando Michele Mezza, Michele Brambilla e Raffaele Fiengo presenteranno una imperdibile performance multimediale per incontrare i personaggi e le idee che hanno costruito la società dell’informazione.

Si chiama, l’appuntamento, “Sessantotto in redazione, e attraverso filmati e drammatizzazioni sarà possibile rivivere il percorso avviato cinquant’anni fa che ha determinato la transizione dai giornali alla rete così come la conosciamo oggi. Come ha detto Mezza in una recente intervista pubblicata sulla rivista Pandora: «Il ‘68, o meglio il ‘64 americano, è il momento in cui la palla di neve del digitale diventa una vera valanga. Il momento che io considero topico è proprio alla fine del ‘64, quando Mario Savio, a Berkeley lancia il movimento del free speech. In pochi mesi, negli stessi posti, le stesse persone, con gli stessi valori, e gli stessi obiettivi, passano dalla mobilitazione anti autoritaria al free software, aprendo una nuova era in cui appunto l’informatica diventa tecnologia di libertà».

Sarà quindi tutto da scoprire – o da riscoprire – quell’area da “contestazione generale” che in quei mesi si sviluppò anche a casa nostra. E sarà un interessante pretesto il comprendere da vicino come questa temperie venne raccontata dai giornali: in che modo, appunto, il Sessantotto riuscì ad entrare in redazione allora e quali sono i segni che lasciò negli anni a venire.

MICHELE BRAMBILLA
Monzese, classe 1958, laureato in Storia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, è giornalista professionista dal 1984. Sposato e padre di cinque figli, ha lavorato al Corriere della Sera a Milano, dal 1985 al 2002: come cronista, poi vice capo cronista di Milano, quindi vice caporedattore della Cultura e del magazine Sette.
Il 12 ottobre 2002 divenne direttore del quotidiano La Provincia. Dal maggio alla fine di novembre del 2006 è stato vicedirettore di Libero. Dal 1º dicembre 2006 all’agosto 2009 è vicedirettore del quotidiano Il Giornale. Dal settembre 2009 è alla La Stampa, prima come inviato-editorialista e dal settembre 2014 vice direttore. Dal 23 novembre 2015 è Direttore della Gazzetta di Parma.

MICHELE MEZZA
Classe 1953, originario di Nola, giornalista, è stato inviato del GR in Unione sovietica, attività per la quale ha ricevuto il premio Calabria nel 1993. Sempre per Radio Rai è stato inviato sul teatro delle Guerre jugoslave degli anni novanta, attività per la quale ha ricevuto il Premio Oscar della Radio per il documentario radiofonico nel 1994.
Nel 1997, insieme a Luciano Lanna e Antonio Satta, è stato uno degli autori dello speciale di RaiDue “1977: l’anno che non finì”.
Nel 1998, ha curato e realizzato il progetto, da lui ideato, per la creazione di Rainews24, il primo canale televisivo all-news della televisione italiana, del quale è stato vice-direttore.
È attualmente docente di Sociologia delle culture digitali, presso il dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli (da wikipedia).

RAFFAELE FIENGO
È nato a Cambridge, Stati Uniti, nel 1940. Dal 1968 ha lavorato al “Corriere della Sera” trovandosi più volte in contrasto con la direzione. Per vent’anni è stato rappresentante sindacale. Nel 1973 fonda la società dei redattori del “Corriere della Sera” e nel 1974 è autore, con la direzione di Piero Ottone, dello “Statuto del giornalista”. Chiamato dai suoi antagonisti “il soviet di via Solferino”, in realtà non si è mai considerato comunista e si è sempre battuto per l’indipendenza del giornale e dei giornalisti. Nel 2004 è tra i fondatori di “Libertà di stampa, diritto di informazione” (Lsdi), centro di ricerca sulle trasformazioni del giornalismo. Nel 2012 promuove, presso la Federazione nazionale della stampa italiana, l’Iniziativa per l’adozione in Italia di un Freedom of Information Act. Dall’anno accademico 2000-2001 è docente di Linguaggio giornalistico all’Università di Padova.

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Pubblicato il 23 Ottobre 2018
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