Daniele Novara: la scuola italiana è vecchia e va cambiata
"Cambiare la scuola si puo" (Bur Rizzoli) è il nuovo libro del pedagogista Daniele Novara. Una risposta chiara all'emergenza formativa in cui versa da tempo l'istituzione scolastica
“Cambiare la scuola si puo” (Bur Rizzoli). Il nuovo libro del pedagogista Daniele Novara è una risposta molto chiara all’emergenza formativa in cui versa da tempo l’istituzione scolastica. Non si tratta di un semplice elenco delle cose che non vanno nella scuola o della solita denuncia senza proposta. Novara, dopo aver analizzato ciò che non funziona, propone «un nuovo metodo per insegnanti e genitori, per un’educazione finalmente efficace».
I tentativi di riforma in questi anni ci sono stati ma, sottolinea lo stesso Novara, si tratta perlopiù di «maquillage educativi», come per esempio la digitalizzazione, che non hanno cambiato nulla. La considerazione da cui parte il noto pedagogista è una semplice e incontrovertibile verità: la scuola italiana ha un secolo di vita e da 100 anni è impostata sempre allo stesso modo. Qualcuno lo ha anche sconsigliato di affrontare questo tema, a dimostrazione che il cambiamento non è proprio nelle corde di questo Paese. «Quando ho detto a una collega pedagogista che avevo intenzione di scrivere un libro sulla scuola – spiega Novara nell’introduzione – lei mi ha sorriso e con aria compassionevole ha detto: vuoi anche tu provare a cambiare il pachiderma. Lo sai che è un’impresa impossibile, vero? Di precedenti ce ne sono tanti… nessuno riuscito, però. Buona fortuna!» .
Difficile dare torto alla collega di Novara. La scuola italiana ha avuto personaggi “eretici”, che hanno innovato profondamente le metodologie di insegnamento, basti pensare a Maria Montessori, don Lorenzo Milani, Mario Lodi e Gianni Rodari. Nomi più famosi all’estero che in Italia dove invece si persevera nell’immobilismo.
Secondo Novara, nella scuola c’è un problema metodologico. Non basta che l’insegnante conosca la materia perché «insegnare non è una semplice operazione di travaso: bisogna saper attivare, stimolare e gestire i processi di apprendimento degli alunni». Invece, nel sistema italiano esistono e resistono pratiche scolastiche «arcaiche». Lezioni frontali, compiti a casa, studio mnemonico e note sul diario continuano a scandire le fasi della didattica, spesso senza motivazioni pedagogiche, e le nuove generazioni imparano con lo stesso metodo delle generazioni precedenti, come per inerzia. La stessa organizzazione dello spazio nelle singole classi risponde alla logica del controllo piuttosto che a quella più dell’insegnamento. Un meccanicismo che punta a una perfezione fine a se stessa.
Daniele Novara propone un metodo “maieutico” che, in alternativa alle pratiche antiquate che ancora governano la grande e complessa macchina dell’istituzione scolastica, pone al centro la scuola come comunità di apprendimento: una comunità dove si impara dai compagni, si fanno domande, si sperimenta in laboratorio, si sbaglia e ci si diverte, e in cui l’insegnante agisce come un regista, lasciando il protagonismo ai suoi allievi.
Il metodo maieutico di cui parla Novara non va però confuso con l’attivismo didattico. Non basta fare un laboratorio per poter affermare di aver abbandonato i vecchi schemi. Occorre invece abbandonare completamente la «modalità trasmissiva e controllante, incentrata più sull’insegnante che sugli alunni».
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