
“La cura che non fa paura”, un incontro coinvolgente ed emozionante
Oganizzato da Il Ponte del Sorriso e seguito con grande interesse da un pubblico di circa 300 persone per tutto il giorno

Un convegno coinvolgente, emozionante, a tratti commovente, così è stato “La cura che non fa paura”, organizzato da Il Ponte del Sorriso e seguito con grande interesse da un pubblico di circa 300 persone per tutto il giorno, senza che nessuno abbia mai distolto l’attenzione.

Relatori provenienti da Università e Ospedali Pediatrici dal nord al sud dell’Italia, hanno affrontato il tema della paura e del dolore del bambino in ospedale, offrendo tanti spunti di riflessione e di formazione, utilissimi per chi accompagna i bambini nel percorso di malattia: medici, infermieri, operatori sanitari, insegnanti, educatori, volontari.
Partendo dal neonato prematuro, gli interventi hanno poi riguardato l’ansia e l’angoscia che il bambino prova al momento del ricovero, anche perché sente e vede quella dei suoi genitori attraverso il loro sguardo. «Non si possono proteggere bambini, loro sanno tutto. Io ricordo la mia infanzia in modo vivido…sapevo cose terribili, ma sapevo di non dover far sapere agli adulti che sapevo…si sarebbero spaventati» scrisse Maurice Sendak nel 1993 nel suo libro “Nel paese dei mostri selvaggi”, le cui illustrazioni sono state mostrate per trattare la narrazione della malattia da parte dei bambini. La fiaba è uno strumento importantissimo, attraverso il quale il bambino elabora, sul piano della fantasia, una realtà in quel momento per lui incomprensibile e spaventosa, perché «Le fiabe pongono il bambino onestamente di fronte ai principali problemi umani», scriveva lo psicoanalista Bruno Bettelheim.
I bambini comunicano con il corpo e il corpo è a circolo chiuso, con la pelle che fa da confine tra l’interno e l’esterno. L’ago fa molta paura proprio perchè bucando la pelle, viola il corpo del bambino, entra dentro e per questo è minaccioso.
Il dolore lo si affronta e tutti hanno le risorse per sopportarlo. La paura, invece, per il bambino, è molto difficile da gestire.
Di fondamentale importanza è, dunque, il coinvolgimento del genitore, che deve avvenire, anche durante le procedure dolorose, l’induzione di anestesia, nelle emergenze….
Le attività ludiche, educative e la scuola in ospedale, che è una scuola oltre la scuola, sono strumenti indispensabili per una cura psicologica del bambino in ospedale, perchè consentono al piccolo di mettere in atto strategie per adattarsi alla malattia e di integrare il trauma del ricovero nello sviluppo psicoaffettivo, favorendo l’elaborazione e la ricostituzione di un sé stabile.
Accanto alle relazioni teoriche, il convengo ha previsto un’alternanza di esperienze dirette, molto toccanti, di ragazzi e genitori, ma anche di storie e di poesie scritte da bambini ammalati, compreso il racconto struggente del clown Pimpa, da anni un concreto sostegno per i bambini negli ospedali italiani e nei posti di guerra, permettendo così al pubblico di comprendere al meglio il vissuto dei bambini ammalati e le loro esigenze.
Tanti gli spunti e tanti i suggerimenti che sono emersi per chi si occupa dei bambini in ospedale e che sono stati definiti la ”cura della cura”, ossia avere molta cura quando si cura.
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