In piazza San Vittore per stare vicini ai migranti della Sea Watch
Iniziativa estemporanea organizzata da Tommaso Calabrese: due striscioni in piazza e tanti dialoghi con i frequentatori notturni della piazza
“Hai un sacco a pelo? Ci ritroviamo in piazza San Vittore per testimoniare la vicinanza alla scelta del Parroco e dei cittadini di Lampedusa di dormire sul Sacrato della chiesa per protestare sul divieto di sbarco dei profughi ormai da 11 giorni sulla Sea Watch”.
Con questo appello Tommy Calabrese ha organizzato un presidio in piazza San Vittore a sostegno dei migranti che da 12 giorni si trovano a bordo della Sea-Watch al confine con le acque territoriali a 16 miglia circa dall’isola di Lampedusa.
61 anni, varesino, è stato rappresentante sindacale per diversi anni, ex militante della Rete di Leoluca Orlando, scrittore per passione, occasionale opinionista in tv e capo scout dell’Agesci per diverse generazioni di varesini. È sceso in piazza insieme a 6/7 persone coinvolte su Facebook: due striscioni appesi in piazza, “Fateli scendere” e “Restiamo umani” con l’obiettivo di passare un messaggio di solidarietà, ma anche quello di dialogare, coinvolgere e parlare.
«Ieri sera io e uno sparuto manipolo di facinorosi abbiamo passato la serata e parte della nottata a reggere striscioni in piazza san Vittore – racconta Calabrese -. Sarebbe davvero lungo spiegare quante cose siano accadute su quella piazza in così poco tempo e quanto sia stata istruttiva questa esperienza a dir poco estemporanea. Ho capito, una volta di più, che siamo tutti a bordo di quella galea dipinta da Guccini e dalla quale vediamo a sprazzi approdi che non riusciamo a raggiungere. L’isola non trovata era lì, sotto i nostri occhi: una piazza piena di gente variopinta, quasi tutti giovani, giovanissimi e bambini che non capivano perchè fossimo lì, di cosa si stesse parlando e in molti casi non sapevano nulla nè di Sea Watch, nè di mancati sbarchi, ricatti salviniani e naufraghi in pena. C’erano donne col velo con tante bambine, ragazzi che giocavano a pallone».
Calabrese è pronto a organizzare nuove iniziative del genere, magari insieme a movimenti che già esistono, come Nazione Umana. Soprattutto non vorrebbe che situazioni come quella della Sea Watch, o della Diciotti, diventino “normali” o “inevitabili”. Perciò per tutta la sera, fino alle 2.30 di notte, ha parlato coi ragazzi della piazza: «Li abbiamo avvicinati, con alcuni di loro abbiamo chiacchierato, ascoltando le loro difficoltà e i loro sentimenti. Perchè di questo parliamo, di sentimenti: non dobbiamo farceli rubare, dobbiamo tornare a parlare alle persone, smetterla di pontificare sui social ed andare in mezzo alla gente. Credo che queste microiniziative siano un messaggio forte, un modo per dialogare indispensabile. Abbiamo chiacchierato e parlato fino a notte fonda come tra vecchi amici, i ragazzi ad un certo punto mi hanno chiesto il senso di una frase e chi l’avesse detta: “Restiamo umani”. Ed è stato in quel momento che l’ho capita io stesso: e che restare umani era esattamente ciò che io e loro stavamo facendo in quel momento. E se accade è perchè si può far riaccadere ogni volta che si vuole, senza chiedere permessi al mondo e senza preavvisare nessuno. Restare umani è un diritto che nessun decreto sicurezza ci potrà mai levare. I saggi e i politologi non lo sanno, ma lo sappiamo noi e tanto basta».
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