Da un anno piazzale Kennedy convive con la voragine
Bruno Belli, Presidente di «Prospettive culturali per Varese», critica l'immobilismo del Comune che replica: “Progetto complesso che ha bisogno di tempo"
Mentre i nostri amministratori discutono della vicepresidenza della «Commissione urbanistica», impegnati nello storico Risiko politico di cui ai cittadini, per lo più, nulla importa, perché essi preferirebbero i fatti concreti alle parole e agli interessi concernenti la distribuzione delle «cadreghe» (l’esperienza ci ha insegnato che le commissioni presentano, all’interno delle decisioni politiche, un peso che definire «relativo» è già un eufemismo) domenica prossima, 21 luglio 2019, il «buco» di Piazzale Kennedy, o la «voragine» come titolò l’intera stampa varesina, è là, transennata, ormai da un anno.
Compie, infatti, un anno di vita il buco di Piazzale Kennedy, nonostante le promesse rilasciate, a breve giro di posta, dall’Assessore ai lavori pubblici Andrea Civati.
La voragine di 4 metri prodotta dal Vellone che, durante una notte di nubifragio “bucò” la piazza del mercato – il marciapiede che costeggia piazzale Kennedy collassò nel giorno di sabato, senza coinvolgere, fortunatamente, persone o veicoli – è lì in bella vista: tra l’altro, avendo ridotto l’area di una bella fetta, è continuo il conseguente disagio per traffico e per pedoni.
Come a dire, scomodando Tito Livio che, «Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur», mentre a Roma si chiacchiera – quello che ha sempre saputo fare benissimo la politica di tutte le repubbliche dalla «Magna Grecia» in qua – la città di Sagunto è presa d’assalto, ossia, mentre si discute in Commissione urbanistica di una vice presidenza – argomento di fondamentale importanza acciocché si eseguano i lavori dovuti nelle varie aree della città, rispetto alla misera concretezza di una verifica “sul campo” con i tecnici comunali che senza dubbio avranno avuto già pronte da qualche tempo le soluzioni più pratiche – da un anno c’è il rischio che, alla presenza di un altro poderoso nubifragio di piena estate, il cedimento si allarghi interessando un’area più vasta.
Andrea Civati dichiarò alla stampa che registrò puntualmente le affermazioni, il 21 luglio 2018: «Le forti piogge e le infiltrazioni hanno lentamente eroso il muro del dotto sotterraneo provocando il cedimento», confermando inoltre che: «Ci siamo già attivati per dare il via ad un provvedimento di somma urgenza che ci consentirà di intervenire prontamente. Questo cedimento, in un’area da tempo trascurata, dimostra ancora una volta l’importanza del Progetto Stazioni che investirà fortemente su piazzale Kennedy e sull’intera area».
Ebbene, se l’urgenza si affronta a medio termine di un anno, è lecito pensare che vedremo il compimento delle «magnifiche sorti e progressive» sciorinate da una tecnica di comunicazione del Palazzo autoreferenziale, incensante e laudativa di se stessi, alle arcinote «Calende greche».
Anche perché, in questi anni, abbiamo assistito ad una sorta di «allegoria dell’abbandono cittadino»: la caduta di un grande ramo del cedro del Libano che verdeggia di fronte a Villa Mirabello, il cedimento del Vellone, la morte – per altro lungamente annunciata – del “Piantone” di Via Veratti, il taglio di una trentina di esemplari non malati presso «Villa Milyus», lo “sfoltimento” raso terra degli oleandri del cimitero di Casbeno, il ridimensionamento delle allora tanto decantate «Nature Urbane» (anno 2017) che, da attrazione a livello italiano ed europeo sono rientrate nella più realistica dimensione «provinciale», la super Mostra di Guttuso che avrebbe dovuto richiamare l’«orbe terraqueo» ed invece si attesta alla più consueta dimensione comune a tutte le mostre effettuate negli anni in città (poche o tante che fossero).
Tutto questo dimostra che, per ben governare Varese, non sia necessario pensare progetti faraonici che, oltre all’esborso di cifre consistenti, non corrispondono alle necessità pratiche di una «paese allargato» come il nostro (a proposito, certi quartieri cittadini non hanno ancora la rete fognaria…).
Si deve, innanzi tutto, puntare certamente sulla manutenzione e sulla solidificazione di quanto in essere, progettando le migliorie in ogni settore, invece, in modo graduale, in altre parole – so di annoiare – «partendo dalle fondamenta e non dal tetto», e, soprattutto, recuperare quella “dimensione civica” che, durante la campagna elettorale, fu sbandierata come fulcro della “nuova”amministrazione, salvo morire in fasce, perché, di fatto, e l’episodio ultimo della «Commissione urbanistica» lo conferma, il civismo a Varese non ha ancora prodotto maturo frutto alcuno.
Bruno Belli
Presidente di «Prospettive culturali per Varese».
L’amministrazione comunale ricorda che l’urgenza dell’intervento era finalizzata a mettere in sicurezza l’area, opera che è stata prontamente eseguita.
Quanto alla riparazione del danno, l’intervento strutturale è complesso e richiede un progetto di fattibilità complesso che è direttamente collegato al progetto stazioni. Il crollo è dovuto a una manutenzione carente risalente negli anni e riguarda una parte sostanziale dell’alveo sotterraneo in cui scorre il fiume Vellone. Un’opera impegnativa che andrà per forza di cose a integrarsi con il futuro cantiere che riguarderà tutta l’area.
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