
Peppe Vessicchio, e le capacità straordinarie delle vibrazioni della musica
Una presentazione davvero fuori dell’ordinario quella del libro autobiografico del notissimo direttore d'orchestra, dal titolo “La musica fa crescere i pomodori”

Per la prima volta quest’anno il premio Chiara è arrivato al palco di Villa Recalcati, e l’ha fatto per una presentazione davvero fuori dell’ordinario: quella del libro autobiografico di Peppe Vessicchio, dal titolo “La musica fa crescere i pomodori”.


Ad intervistare il notissimo direttore d’orchestra, che i più conoscono per le sue direzioni al festival di Sanremo, ma che vanta decenni di continuo rapporto con la musica in tutte le sue forme, è stato Davide Bregola, premio Chiara 2017 con “ La vita segreta dei mammut in Pianura Padana che ha saputo “tirar fuori” a Vessicchio opinioni e aneddoti poco noti.

«Il mio primo impatto con la musica è stato davanti a mio fratello maggiore – Racconta Vessicchio – Lui suonava nella sua camera chiusa, e io chiedevo di entrare. Quando mia mamma intercedeva per me, entravo e stavo zitto zitto, incantato ad ascoltarli, niente di più».
Nella musica ci è entrato in punta di piedi: «Ero timido, ma ero curioso e anche matematico: mi sono accorto presto che sulla tastiera c’erano dei meccanismi logici che dirigevano la musica, ed era affascinante».

Dopo aver fatto tanta musica pop («Ero molto richiesto perchè davo ordine a ciò che ideavano i musicisti, ma questo non mi soddisfaceva») per interpreti anche famosissimi, ha cominciato a studiare le conseguenze della musica: «Noi siamo fatti di materia vibrante. L’energia è misurabile in frequenza, anche se il nostro udito non può distinguerle».
Così ha scoperto che non solo la musica è importante per gli esseri umani, ma anche per tutti gli esseri senzienti: «Gli esperimenti li ho fatti in una serra che coltivava pomodori – ha spiegato – Certa musica li rendeva migliori, e ho proseguito negli studi». Fino a riuscire a rendere il vino migliore: «E’ da un po’ di anni che partecipo a Vinitaly, e ho istituito una sfida: dieci bottiglie di vino, metà “trattate” con la musica” e metà no. Anche gli enologi hanno dovuto ammettere che le bottiglie “sottoposte” a certo tipo di musica, sono diventate migliori».
Una scoperta tanto sorprendente e “misurabile” da avere dato ad alcuni anche l’idea di un nuovo business: «C’è chi mi ha proposto perfino di realizzare un app musicale per migliorare il rendimento delle piante».
Un risultato sorprendente, ma non molto per chi vive di musica come lui: «La musica è una sola, nasce per celebrare il legame tra uomo e divino – ha concluso – E io affronto il mio rapporto con la musica come un’occasione di continuo stupore. Per questo per me sono deprimenti le repliche dei concerti, se non hanno almeno un elemento di novità ciascuno. Io devo fare ogni volta qualcosa di diverso. Devo andare avanti. Devo crescere». Come le piante, che cominceranno a diventare più felici grazie all’intercessione della musica.
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