
“Stretta” sulle direttive per gli anziani, il Molina si organizza così

Come vive “il Molina” ai tempi dell’emergenza Coronavirus?
Quello che è il più importante istituto di Varese per la cura e la residenza degli anziani è praticamente una cittadella: 448 posti letto sempre pieni e 500 dipendenti portano a circa 1000 le persone che si relazionano al suo interno.

Una struttura che si prende cura di ospiti di diverso genere, diviso per nuclei – RSA, Alzheimer, subacuti – che hanno un diverso grado di fragilità: «Innanzitutto, va chiarito che al nostro interno non c’è nessun caso: naturalmente, speriamo che continui così, anche se ci stiamo attrezzando per eventuali evenienze sfortunate – spiega Vanni Belli, direttore generale della Fondazione Molina – Per ora abbiamo riservato una stanza per un eventuale isolamento, poi vedremo se sarà necessario altro. In ogni caso, problemi non ce n’è, nemmeno per i lavoratori: la maggior parte ha a disposizione gli indumenti monouso, che vanno usati però in caso di reale emergenza. Abbiamo anche costituito un comitato d’emergenza, che si riunisce quando necessario e quando ci sono da prendere decisioni particolarmente delicate, e un comitato scientifico per delle valutazioni con medici esperti in malattie infettive e geriatria»

La vita della “cittadella” però, nei giorni è progressivamente cambiata: «Innanzitutto, abbiamo ovviamente aderito alle prescrizioni che riguardavano le scuole, cosi il nostro asilo interno, che avevamo per i dipendenti, è stato chiuso come da ordinanza – spiega Belli – Abbiamo chiuso, inoltre, il centro diurno, dove venivano una ventina di persone anziane. Infine, abbiamo sospeso l’utilizzo di personale volontario, che di solito si occupava dell’animazione».
Ma, soprattutto, è stata molto limitata rispetto al normale anche l’interazione con l’esterno: «Per quanto riguarda le visite, abbiamo ridotto regole e orari di accesso alla struttura da parte dei parenti: innanzitutto, si ammette un parente al giorno per ogni ospite, poi gli orari di visita, che prima erano abbastanza larghi – dalle 8 alle 20 – ora sono molto più limitati: al mattino tra le 11 e le 13 e al pomeriggio tra le 17 e le 19.30. Il bar interno resta aperto ma chiude prima, intorno alle 14: di fatto è per i dipendenti e per quelli che passano la mattina. Abbiamo sospeso le messe e i convegni di aggiornamento, mentre l’animazione funziona, ma solo nucleo per nucleo. Chiediamo inoltre, all’ingresso, di firmare una liberatoria dove si dichiara di essere in buona salute e di non avere avuto contatti con persone sospette o palesemente contagiate. E in questi giorni stiamo iniziando anche a misurare la febbre».
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