Un diario, la pandemia e il valore riscoperto dell’essenzialità
Presentato al Salone Estense "Fermoimmagine" (Quirici Edizioni) di Nicoletta Romano. Un racconto di quotidianità e riflessioni su ciò che le giornate del lockdown ci hanno lasciato
Nicoletta Romano, giornalista e direttore della rivista Living is life, lo ha intitolato “Fermoimmagine“. È il diario della quarantena che l’ex corrispondente europea di Avenue, rivista cult di New York, ha appena pubblicato per Quirici Edizioni.
Un titolo che dice molto sul presente e il passato dell’autrice. Da una parte la grande passione per il cinema che ha contraddistinto la sua formazione negli anni giovanili trascorsi a Bruxelles, dove ha conseguito una laurea in letteratura cinematografica, dall’altra il legame con il suo Paese, quell’Italia che prima in Europa ha sperimentato gli effetti tragici della pandemia a iniziare dall’isolamento totale di persone e città.
Per la prima uscita pubblica Nicoletta Romano ha scelto il Salone Estense di Varese. Un luogo fisico, reale, bello e accogliente. Uno spicchio di barocco circondato da una natura modellata ma non domata dall’uomo perché «la salute degli uomini è il riflesso di quella della terra».
La citazione di Eraclito all’inizio del diario è quanto mai appropriata. Un legame, quello tra uomo e natura, che è anche il timone di questo racconto quotidiano, intimo e pubblico allo stesso tempo. Una cronaca fedele dei giorni infiniti del lockdown, dal 9 marzo al 3 maggio, in cui il microcosmo dell’autrice si intreccia con i destini complessi del mondo perché «nulla è lontano con la globalizzazione».
La raggiunta salvezza alla fine di ogni giornata non fa dimenticare a Nicoletta Romano il calvario vissuto dalle migliaia di persone contagiate. Quel che resta del giorno lei lo trascorre annotando le cifre dei contagiati. D’altronde i diari servono a questo, a non dimenticare.
La natura è un pò matrigna e ci sta presentando il conto senza sconti. «Prosegue nei suoi ritmi, incurante dei drammi umani. Ma quanto potremo resistere a livello psicologico?L’uomo si credeva invincibile e onnipotente, ora è venuto il momento di remettre le pendules a l’heure» dice Nicoletta Romano con una pronuncia perfetta come una pralina di Pierre Marcolinì.
Sul comodino, nei giorni della quarantena, ha tenuto il romanzo di Philippe Lançon, “Le lembeau” (Gallimard), uno dei pochi sopravvissuti alla strage di Charlie Hebdo a Parigi nel gennaio del 2015. «Dobbiamo imparare a vivere con la nostra fragilità e precarietà» dice con molta serenità l’autrice. «In questo ci aiutano le relazioni, gli amici, la rete di contatti in cui siamo inseriti e persino gli animali che condividono con noi la quotidianità».
Ogni mattina accanto a lei c’è Willy, un simpatico Cairn Terrier, che l’accompagna in una passeggiata dove si contano i fili d’erba e le pietre calpestate, ascoltando il cinguettio degli uccellini. Nulla è più estraneo di ciò che non consideriamo. La convivenza con il virus dalla corona invisibile e mortale ci ha dato però una lezione che Nicoletta Romano sintetizza così: «Questa pandemia sembra aver ridimensionato molte cose, dando priorità all’essenziale».
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