Vera, mamma di Varese: “Per noi la giornata dei diritti della disabilità è ogni giorno”
Vera Tamantini è la mamma di Veronica, 10 anni, affetta da una malattia genetica rarissima, la sindrome di Phelan-McDermid: "I buoni propositi spero siano quotidiani e non solo celebrativi, si faccia qualcosa di concreto"
«Per noi la giornata dei diritti della disabilità è ogni giorno. Bene che se ne parli, che si sollevino i temi e le criticità. Ma spero non rimangano solo parole e ci siano anche fatti concreti».
Vera Tamantini è la mamma di Veronica, 10 anni, affetta da una malattia genetica rarissima, la sindrome di Phelan-McDermid. Ci racconta come lei, suo marito Michele, la piccola Veronica e il suo fratellino Edoardo vivono la giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità.
«Dopo dieci anni, ogni tanto faccio un bilancio di quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, All’inizio ci sono difficoltà enormi, al di là dell’aspetto emotivo che scombussola. Dopo la diagnosi iniziale spesso si è soli, trovare informazioni è complicato, non si hanno punti di riferimento. È come entrare in un tunnel dove l’unica luce che c’è è quella che ti fa tu, da solo. Io e mio marito abbiamo creato un’associazione ad hoc per affrontare i problemi e mettere in contatto chi stava vivendo una situazione simile alla nostra – racconta Vera -. Col tempo ci si adatta e si trovano le strategie. Ognuno reagisce alla sua maniera, certo. Noi siamo stati aiutati dal nostro carattere positivo, ma ci sono famiglie che non accettano la disabilità, aspetto che complica tutto. Aiuta il trovare le persone giuste. Tra genitori ci si aiuta tanto, ci si sostiene, si danno consigli. A livello pubblico c’è invece poco aiuto, l’assistenza sociale latita, bisogna rimboccarsi le maniche».
«Noi l’abbiamo vissuta con molta positività, anche se ci siamo trovati di fronte a realtà difficili, come la scuola ad esempio: noi volevamo che Veronica frequentasse una scuola pubblica, ma ci siamo scontrati con un sistema che fa acqua da tutte le parti, il non riconoscimento dell’assistenza a tempo pieno, insegnanti di sostegno che continuavano a cambiare e abbiamo dovuto virare su altre soluzioni – continua la mamma di Veronica -. Col Covid si è acuito tutto, molti si sono sentiti lasciati soli, ci sono genitori che si sono trovati a dover gestire in completa autonomia questa situazione. Noi fortunatamente abbiamo trovato nell’Anaconda un luogo di sicuro affidamento, che ha gestito la situazione fin dall’inizio benissimo, pur tra mille difficoltà. Sono stati isolati i casi di ospiti positivi al residenziale, utilizzando personale nuovo e spostandolo. Per Veronica sono riusciti a garantire tutto quello che la bambina fa, dandole un punto di riferimento fondamentale per lei, mantenendole la sua routine. Io faccio l’infermiera e lavoro in Svizzera, sento forte il rischio di questo virus, ma la viviamo giorno per giorno. Al primo lockdown mi sono autoisolata in Ticino per proteggere Veronica soprattutto, al secondo giro sto attenta e mi autotutelo, ho meno paura perchè conosciamo meglio ciò che afrontiamo».
Tra gli aspetti da migliorare, Vera Tamantini ne individua due su tutti: «La figura del “Cargiver” di cui si parla tanto è ancora agli albori, ci sono genitori che si sentono abbandonati a loro stessi: il sostegno alle famiglie va aumentato, è uno dei temi credo più importanti e che non deve essere isolato in una sola giornata. E poi c’è il tema dell’educazione: ancora troppo spesso ci troviamo di fronte ad atteggiamenti spiacevoli, c’è un gap culturale da superare e se non si comincia con l’instillare una cultura più aperta fin di primi anni di scuola lo scoglio non si supererà mai. Anche a me gli sguardi di fastidio, gli atteggiamenti di “paura” davano fastidio, poi mi sono corazzata e non ci faccio più caso, ma c’è chi non li accetta e si autoisola. La cosa che fa più male sono gli atteggiamenti di certe mamme che non sanno come spiegare alcune situazioni e che quindi evitano di affrontare il problema. Avanti così non si migliorerà mai, serve far capire fin da piccoli che si può, si deve, convivere con chi è diverso da noi: lo vediamo con Edoardo, il nostro secondo figlio, che con Veronica ha un rapporto splendido e quasi non si accorge più dei problemi della sorella, dialoga con lei, ci gioca, ci vive».
«La giornata per i diritti della disabilità è importante per parlarne, se però non cade nel dimenticatoio. I buoni propositi spero siano quotidiani e non solo celebrativi, si faccia qualcosa di concreto soprattutto per le famiglie», chiosa Vera.
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