Sant’Antonio e i suoi segreti: ecco le richieste che finiscono nel falò
Pensieri d’amore, nostalgia, voglia di cambiare. Tutto raccontato nelle poche righe contenute nei bigliettini d’auspicio che vengono gettati nel fuoco
Chissà se fra i desideri, quest’anno ce ne sarà qualcuno per far passare la pandemia.
Bigliettini nel fuoco al falò di Sant’Antonio: di nomi non se ne fanno, né di chi li ha mandati, né di chi li ha letti perché svelarlo rappresenterebbe un sacrilegio per la parola data, l’importanza del momento e le aspettative riposte i quei pochi grammi fra carta e inchiostro capaci però di contenere i sogni, e le speranze più alte.
Ma Varesenews, che anche quest’anno farà da messaggero dei vostri desideri, è in grado di svelare qualcuno fra i contenuti dei bigliettini che negli anni sono arrivati fra le mani di chi li ha gettati nel fuoco.
La fonte, come anticipato, è segreta, ma affidabile.
In principio dunque fu: “Sant’Antoni del purscèl / fam truva un om chel sia bel / damel picul damel grand ma damel mia con stort i gamb“ cioè l’invocazione (al netto dei rischi che corriamo per gli eventuali puristi del vernacolo bosino) delle bisnonne quando, nell’ultima festa invernale prima che gli uomini tornassero a lavorare in Svizzera o in Germania, si facevano belle per trovar marito.
E Sant’Antonio, in qualche modo non le ha mai tradite. Anzi, ci ha spesso messo lo zampino.
Oramai alcuni anni fa, ad esempio, una bella ragazza bionda stava davanti al fuoco, con in mano un bigliettino, con scritto un certo nome. Lo consegna ad un ragazzo per farlo arrivare nel fuoco ma mentre lo fa si rende conto che il nome scritto nel bigliettino non ha più nessun significato, mentre invece il ragazzo davanti a lei sembrava molto più interessante. Idem per lui, che nasconde il bigliettino e non lo butta nel fuoco ma torna da lei a chiacchierare: diventerà la sua dolce metà e ora hanno due bellissime bambine.
Tra le richieste non ci sono però solo questioni di cuore, vedi: “Sant’Antoni de la barba bianca fam truà quel ch’ el me manca“ e così nel bigliettino sono entrate le richieste più disparate. C’è chi chiede un lavoro, chi il successo, i risultati scolastici, la felicità… Non è passato molto che un carabiniere, trasferito a Varese dalla natìa ed assolata Campania giusto sotto Natale, venne quasi “trascinato” (comprensibilmente, considerato il morale “atterrato” dal gelido inverno varesino) dal suo comandante al falò, e reso edotto sulle tradizioni locali, decise di compilare il fatidico bigliettino, chiedendo al Santo l’agognato ri-trasferimento a casa. E così puntualmente fu, allo scoccare della primavera.
Sant’Antonio riesce anche in missioni impossibili. C’era una volta una ragazza, fidanzata da anni. Lui, di matrimonio, non vuol sentir parlare. E allora lei, con la complicità dei Monelli, infila nella pira una vecchia libreria, avanzata da un precedente trasloco, su cui scrive il nome del ragazzo. Ma i Monelli infilano la libreria molto in basso, a contatto con la sabbia umida, e la libreria non brucia. “Queste nozze non s’hanno da fare”. La ragazza non demorde: l’anno dopo si presenta con un tagliere di legno, su cui ha scritto il nome fatidico, e lo lancia nelle fiamme, a falò già avviato. Neanche un anno dopo, i due si sposano.
Altre grazie hanno riguardato i bambini: gira la leggenda per cui un pizzico di ceneri del falò, infilate in un sacchettino fatto a mano all’uncinetto e messe sotto il materasso, siano la migliore garanzia dell’arrivo della cicogna entro l’anno. Cortesia per cortesia, il nascituro si chiami Antonio, o Antonia – anche di secondo nome.
Scrivi il tuo desiderio, a buttarlo nel fuoco (anche quest’anno) ci pensa Varesenews
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