Ci siamo rotti le pale
Oggi tutti gli occhi e i portafogli sono rivolti alla transizione green. In gioco c'è il futuro del pianeta ma anche tanti soldi. In Italia si predica bene e si razzola male
I temi energetici sono tra i più complessi e ambigui al mondo, da sempre. Questo articolo si concentra sulle energie rinnovabili, in particolare l’eolico off-shore. Con un carattere intenzionalmente provocatorio, ho la speranza di aiutare a sollevare lo sguardo oltre il rischio delle solite diatribe campanilistiche nelle quali spesso ci perdiamo.
(Foto di Enriquelopezgarre da Pixabay )
DANESI, SUDCOREANI E CINESI INVESTONO SULLE RINNOVABILI
Sorpresa: la Danimarca è il più grande produttore di petrolio tra i paesi dell’Unione Europea e produce la maggior parte del suo fabbisogno energetico con l’energia eolica. Pur non godendo di condizioni particolarmente favorevoli rispetto ad altre realtà europee, ha iniziato a investire sull’eolico a metà degli anni Ottanta. L’unica via possibile in un periodo di crisi petrolifera, timori per il nucleare e necessità di trovare una soluzione alle elevate emissioni di CO2 dalle centrali elettriche a carbone. La sensibilità dei cittadini ha permesso al governo di sposare la causa ambientale con incentivi e sovvenzioni statali. L’investimento ha premiato aziende come Vestas, passata dagli elettrodomestici alle pale eoliche, e trasformato la città di Aarhus in un centro d’eccellenza internazionale per la ricerca e la produzione di rinnovabili. Ora, ulteriore sostegno per il settore arriverà da un nuovo mega parco eolico offshore dalla capacità di 10 gigawatt, in grado di fornire energia a 10 milioni di case, per il quale il governo danese ha approvato un investimento pari a 28 miliardi di euro. Gli studi e i progetti per la realizzazione dell’isola per l’energia nel mare del Nord dovrebbero essere completati nel 2024 e l’impianto dovrebbe entrare in funzione nel 2030, anche se, data la complessità e le cautele necessarie per la sua realizzazione, non produrrà energia prima del 2033. Sulle rinnovabili la Danimarca ha le idee ben chiare e il vento in poppa.
https://www.ilpost.it/2021/02/06/danimarca-isole-artificiali-energia-eolica/
La Corea del Sud ha firmato in questi giorni uno storico accordo per costruire quello che si propone di essere come il più grande parco eolico del mondo. Nel progetto saranno investiti 43 miliardi di dollari allo scopo di riuscire a portare nella nazione le emissioni nette di carbonio a un valore vicino allo zero entro il 2050. Il presidente Moon Jae-in ha commentato il raggiungimento di questa intesa spiegando che sarà il primo passo verso una transizione ecologica che permetta di eliminare, nel tempo, l’utilizzo dell’energia nucleare. Moon ha infatti affermato che “abbiamo il potenziale infinito dell’energia eolica offshore verso il mare su tre lati e abbiamo la migliore tecnologia al mondo nei campi correlati”.
https://www.consumatore.com/2021/02/08/corea-del-sud-accordo-grande-parco-eolico/
I cinesi hanno realizzato il più grande impianto energetico del mondo con la Diga delle Tre Gole che, con una potenza di 22 Gigawatt, fornisce il 3% del fabbisogno di tutta la Cina. Anche se per crearlo sono stati sommersi più di 1.300 siti archeologici, 13 città, 140 paesi e 1.352 villaggi e il trasferimento di circa 1,4 milioni di abitanti, il governo non si è fermato.
TRANSIZIONE ENERGETICA ECOLOGICA
La transizione energetica è un tema serio, spesso noioso, teoricamente chiarissimo, praticamente diabolico. Prendendo a prestito da “Sapiens” di Yuval Noah Harari, possiamo ricordare che parliamo tanto di esauribilità delle fonti energetiche (non rinnovabili e inquinanti) e non ci accorgiamo di essere seduti sopra un pozzo di energia infinita. Stabilito che il Joule (unità di misura del lavoro e quindi dell’energia necessaria a compierlo) è la quantità di energia necessaria a sollevare una mela di un metro, il sole manda sulla terra 3.766.800 exajoule di energia all’anno (dove l’exajoule è 10 alla 17ma joule ovvero un miliardo di miliardi di joule). Se consideriamo che tutte le attività umane consumano circa 500 exajoule ogni anno, ecco che si tratta solo di trovare pompe capaci di catturare (trasformare) questo surplus di energia che ci viene dal sole. Tutto ciò alla faccia del carbone e del petrolio e, forse, anche dell’energia ricavata dalle pale eoliche, più brutte e ingombranti dei pannelli solari. Non è così facile, una via c’è.
Nel 2015 un libro divenuto famoso porta alla ribalta il concetto. “Transizione ecologica, la finanza a servizio della nuova frontiera dell’economia” di Gaël Giraud è un punto di svolta su questi temi. Giraud, prima di esser gesuita, è stato banchiere e conosce di persona il mondo degli hedge fund e delle banche centrali. Traccia la strada per cercare un futuro di vita alla nostra società, rattrappita dentro lo schema del «paradigma tecnocratico» (papa Francesco) che mira a ottenere di più (risorse, prodotti, benessere) con meno (sforzi, investimenti, partecipazione). Transizione ecologica significa una società di beni comuni in cui il credito sia considerato mezzo e non fine per realizzare riforme a vantaggio di tutti e benefiche per l’ambiente: rinnovamento termico degli edifici, cambi di prassi nella mobilità, tasse più alte per chi inquina, in pratica «un’economia sempre meno energivora e inquinante». «La transizione ecologica sta ai prossimi decenni come l’invenzione della stampa sta al XV secolo o la rivoluzione industriale al secolo XIX – spiega Giraud -. O si riesce a innescare questa transizione e se ne parlerà nei libri di storia; o non si riesce, e forse se ne parlerà fra due generazioni, ma in termini ben diversi!».
Sulla spinta dell’emergenza climatica, l’Europa ha accelerato la spinta per la transizione. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che il Green Deal europeo sarà per l’Europa come lo sbarco dell’uomo sulla Luna", poiché questo patto ci renderebbe il primo continente ad aver raggiunto la neutralità climatica. In effetti, l’Europa lo scorso anno per la prima volta è riuscita a creare più energia da fonti rinnovabili rispetto a quella da combustibili. Ora serve un cambio di passo.
ITALIA
In Italia per ora parliamo molto e pratichiamo poco. Importiamo petrolio e gas dal Golfo, dal nord Africa e dalla Russia, usiamo elettricità importata in acciaierie che ancora inquinano, distribuiamo le merci non coi treni intermodali ma con i Tir fatti dagli svedesi e guidati dagli ungheresi. Preferiamo usare il sole per essere abbronzati nei video social, ricicliamo la plastica del sushi consegnato a casa da ragazzi nigeriani, ma la lasciamo bruciare nei capannoni industriali perché nemmeno i cinesi la vogliono più comprare. Vediamo il caso dell’eolico ad esempio.
Nel 2006 così iniziava un articolo di Varesenews: «I soldi per il nostro comune sono pochi, ma l’energia da fonti rinnovabili potrebbe essere la nostra salvezza». Roberto Calebasso, sindaco di Veddasca, piccolo comune dell‘Alto Varesotto che dà il nome alla valle, sta sperimentando quella che potrebbe essere una nuova via per far quadrare i conti delle amministrazioni comunali più piccole. Produrre energia elettrica da fonti rinnovabili per venderla. Come fare? È presto per dirlo ma in Forcora ci stanno provando con l’eolico. Ad oggi nessuna pala.
Va un poco meglio in un altro caso. Riusciremo ad aprire la produzione eolica per 18 mila famiglie a Taranto alla fine del 2021. Ma dopo 10 anni di permessi concessi e modificati, lo faremo con un progetto ormai diventato tanto obsoleto, da imporre l’acquisto della tecnologia dalla Cina per riuscire a mantenere un minimo di economicità, nonostante gli incentivi pubblici.
Sempre che non accada, come al solito, che qualcuno ci metta un “veto per un voto” come le seguenti storie dalla Calabria e dalla Sicilia dimostrano. “La Regione Calabria prova a ingabbiare l’eolico con una sospensione di tutte le autorizzazioni a nuovi progetti nel settore. L’assessore regionale alla Tutela dell’ambiente, Sergio De Caprio, ha disposto la sospensione di tutte le autorizzazioni per gli impianti eolici e gli elettrodotti, in quanto rappresentano una violenza alla bellezza della Regione e allo sviluppo del turismo. Lo conferma una nota ufficiale sul sito regionale, dove si cita: «Nelle more dell’approvazione del Piano paesaggistico della Regione Calabria, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio».
https://www.qualenergia.it/articoli/allarme-eolico-calabria-bloccate-tutte-autorizzazioni/
Il progetto di un mega parco eolico off-shoreche potrebbe sorgere al largo delle isole Egadi, ha incontrato subito venti contrari: «Il progetto di eolico off-shore tra Sicilia e Tunisia è quanto di più pericoloso possa esserci per la nostra pesca in quell’area del Mediterraneo. Un progetto che – nonostante l’obiettivo green di produzione di energia rinnovabile – non ho paura di definire folle», Ignazio Corrao, eurodeputato, appunto.
https://livesicilia.it/2021/02/09/trapani-e-il-mega-parco-eolico-off-shore-che-fa-discutere/
Qualche timida speranza viene ora dal governo Draghi, col nuovo potente ministero della Transizione Ecologica, guidato da Roberto Cingolani, che già nel gennaio 2020 diceva «Solo la prevenzione può salvarci. Solo soluzioni globali, preventive e lungimiranti possono risolvere i tre debiti del genere umano: socio economico, ambientale e cognitivo». Non ha un compito facile. Gli toccherà passare dai convegni alle scelte e lavorare fianco a fianco con gli ambientalisti, che già lo hanno messo nel mirino.
In effetti, l’Italia ha un rapporto complesso con l’ecologia. Nonostante l’età media più alta del mondo, alla saggezza preferiamo gli slanci romantici. Una recente ricerca mondiale dice che gli italiani hanno la più alta intenzione di acquisto di auto elettriche del mondo (51% probabilmente o quasi certamente ne acquisterà una), però non vogliamo né centrali nucleari né fabbriche di batterie inquinanti. Preferiamo comprare l’energia da oltre confine, da Francia e Svizzera, ignorando consapevolmente, dopo Chernobyl, che le radiazioni, come i virus, non hanno bisogno di passaporto per viaggiare. Alla luce di tutto ciò, quali scelte sono praticabili in Italia? Più che una transizione, ci serve una rivoluzione. La certezza del ritorno dagli investimenti è un requisito per chi ci mette i soldi, i privati, il pubblico, il Recovery Fund. Semplificare e garantire coerenza e stabilità a lungo termine del quadro normativo e della sua applicazione è una condizione imprescindibile. Buon lavoro ministro.
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