“Sono affetta da una malattia rara, ma fare il vaccino è stata una sfida”
La nostra lettrice racconta della complicata trafila per ottenere il vaccino e del limbo nel quale è finito suo marito, vaccinato secondo il portale regionale, ma in realtà no
Le campagna vaccinale alla Schiranna procede, gli over 70 e i cittadini tra i 65 e i 69 anni si stanno recando all’hub in riva al lago e con loro ci sono i cittadini fragili inseriti nelle liste fornite da Regione Lombardia.
Tra qualche problema di attesa che prontamente viene segnalato e risolto nel più breve tempo possibile grazie ai tantissimi volontari e operatori che sono al lavoro per far sì che vada tutto per il meglio, ci sono alcune vicende personali spiacevoli, come quella accaduta ad una donna varesina affetta da una malattia rara che colpisce in particolare le donne con un’incidenza stimata in Europa tra 8 e 20 casi per milione di soggetti adulti.
Ci racconta la sua esperienza, fatta di iscrizione al portale, appuntamento, vaccino rimandato, scuse, vaccino somministrato a lei, mentre suo marito, potenzialmente pericoloso per la sua salute, è stato rimandato a casa senza vaccino ed ora si trova in un limbo. Ma ecco come è andata:
«Diciamo subito che avrei preferito aspettare il mio turno, non ci tengo a dovermi confrontare con questa malattia che mi fa stare sempre in bilico. La mia è tra le patologie per cui è aperta la possibilità di fare la vaccinazione, appunto per le conseguenze che il virus potrebbe avere. Così domenica 18 aprile mi sono iscritta sul portale della Regione, ho inserito codice fiscale e tessera sanitaria, ho preso appuntamento per me e per mio marito, cosa prevista per i conviventi sopra i 16 anni – spiega -. Fin qui tutto bene, appuntamento per il giorno dopo, lunedì 19, alle 19.30 alla Schiranna. Ci siamo organizzati, fatto la fila, compilato i moduli e sono arrivata nello spazio per il vaccino. Mi sono seduta e il medico mi ha chiesto cosa avessi: ho spiegato e mi ha chiesto che terapia seguo, ma una terapia non c’è, prendo i farmaci in base agli scompensi che vengono, ma una cura definita non esiste. In inverno prendo una medicina per la circolazione, ma potrei aver bisogno di altro domani. Qui cominciano i problemi».
«Mi sono sentita “accusata” di aver forzato il sistema – prosegue la nostra lettrice -, ma io ho solo inserito il codice fiscale dove mi è stato detto di inserirlo. Arrivano altri medici, uno dice che è una malattia grave, un’altra che si vede che sto bene. Ci sono poche fiale al momento di Pfizer e non me lo vogliono fare, mi stavano per somministrare l’Astrazeneca, ma si sono fermati in tempo e mi hanno rimandato a casa. Uscendo, un bel po’ contrariata, ho parlato con un’infermiera; le ho spiegato tutto e mi ha ripetuto che ho fatto tutto in maniera corretta e che ho diritto al vaccino, ma sono tornata a casa convinta di dover attendere la mia fascia di età. Una volta a casa, dopo pochi minuti, mi hanno chiamato e chiesto scusa, dicendomi di tornare senza accompagnatore, perché poi lui farà l’iscrizione come congiunto in un secondo momento. Sono tornata alla Schiranna il 20 aprile, sono stata portata a fare il vaccino e si stava per ripetere la stessa trafila, ma fortunatamente sono intervenute le infermiere e hanno spiegato che se uno risulta nelle liste dei pazienti fragili ha diritto a fare il vaccino. Io non ho forzato niente, né voluto accelerare: ho semplicemente rispettato le procedure».
Fatto dunque il vaccino, c’è però una coda che riguarda l’accompagnatore, il marito, che ora si trova in un “limbo”: «Eh sì, perché lui ora risulta vaccinato anche se non ha fatto il vaccino, non posso inserirlo come congiunto perché aveva già un appuntamento e non potrà iscriversi nella sua fascia di età se non viene sistemata la situazione – conclude -. Lui è potenzialmente pericoloso per me, nel caso contragga il virus, non è un capriccio. Capisco che ci sia un po’ di tensione, di stress, che stiano facendo tanto lavoro e che probabilmente ci sia anche stato chi ha provato a forzare il sistema e superare la fila, ma coinvolgere e accusare chi ha seguito la trafila corretta è ingiusto, ho provato una sensazione spiacevole. Un ringraziamento speciale va alle infermiere, che senza che nessuno abbia chiesto loro niente di particolare, si sono adoperate per risolvere in breve tempo la mia situazione: stanno davvero facendo un super lavoro».
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