Morlacchi, il portabandiera italiano alle Paralimpiadi: “Riconoscimento che va oltre lo sport”
L’atleta della Polha a Tokyo rappresenterà tutti gli Azzurri: “Bellissimo, ma anche una grande responsabilità”
Il 24 agosto inizieranno le Paralimpiadi di Tokyo 2020. Alla cerimonia di apertura del grande evento a cinque cerchi saranno due gli atleti che guideranno il gruppo Azzurro sventolando la bandiera: Bebe Vio e Federico Morlacchi. L’atleta della Polha, nato a Luino e incarnazione pura dello spirito varesotto, è stato scelto come personaggio simbolo dell’Italia. (Foto Augusto Bizzi – FINP Federazione Italiana Nuoto Paralimpico)
Per il nuotatore luinese sarà la terza Paralimpiade dopo quelle di Londra nel 2012 (tre medaglie di brono) e Rio de Janeiro nel 2016 (un oro e tre argenti), ma questa volta i cinque cerchi avranno un sapore diverso.
Federico, come ha scoperto di essere il Portabandiera?
«Mi hanno chiamato 24 ore prima dell’uscita della notizia e ho avuto troppo poco tempo per metabolizzare. Non capivo più niente. È la comunicazione che meno spesso viene data a un atleta: qualcuno viene convocato con la nazionale, di questi una parte va alle Olimpiadi e i portabandiera sono pochissimi».
Pochi giorni dopo è seguita la cerimonia con il Presidente Sergio Mattarella. Come è andata?
«Nella mia esperienza era il secondo discorso che facevo davanti al Presidente, ma lui è davvero bravissimo. È informato su tutto, ci tiene e si vede. Quando siamo stati ricevuti dopo il mondiale di Londra nel 2019 sapeva tutte le medaglie. Essere al cospetto e ricevere la bandiera da un personaggio di una caratura così è un valore aggiunto e ti dà ancora più responsabilità».
Cosa significa avere questo ruolo?
«È un riconoscimento che va oltre lo sport, soprattutto per me che ormai sono un “vecchietto”. È di sicuro bellissimo ma porta anche una responsabilità molto grande. Quando vedrete l’Italia sfilare, la prima faccia che apparirà sarà la mia, assieme e quella di Bebe».
Che cosa si aspetta da queste Paralimpiadi?
«Di sicuro è stato un anno diverso e particolare. Onestamente sono dell’idea che il mio l’ho fatto: mi sono preparato al meglio ma non mi do più pressioni. Anche una sola medaglietta la accetterei molto volentieri. Tutto quello che viene sarà di guadagnato. Troppe volte diamo per scontato delle vittorie: alle olimpiadi tutto è diverso e ogni atleta ha il sangue negli occhi».
Nell’ultimo periodo ha avuto modo di allenarsi con Martinenghi. Come è stato?
«Lavorare con lui è stato complicato, va troppo forte (ride, ndr). Nicolò è il fenomeno più cristallino che io abbia mai visto nella mia lunga carriera, oltre a questo c’è da aggiungere una grande dedizione che hanno portato a questi due bronzi. La loro preparazione è simile alla nostra sotto alcuni aspetti, ma cambia la parte a secco, nella quale loro sono molto più specifici sul gesto».
In quali gare gareggerà a Tokyo?
«Farò i 100 delfino, i 100 rana, i 200 misti e i 400 stile, più eventuali staffette alle quali non so ancora se parteciperò perché siamo in tantissimi. Sinceramente non so bene quando andrò in vasca, voglio solo andare là e divertirmi»
Qual è l’obiettivo, oltre l’aspetto nuoto?
«L’Olimpiade è sempre un’esperienza che cambia dentro, non solo dal punto di vista sportivo. Per me sarà la terza ma anche la più particolare. Prenderemo tutto il meglio che verrà e servirà da lezione per il Federico persona».
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