L’Anpi di Varese in Valsesia per commemorare Caula e De Salvo
Camasco (Varallo Sesia) renderà omaggio ai partigiani Vitto Caula e Fulvio De Salvo, varesini di adozione il cui impegno sociale e politico è ancora vivo nella mente e nel cuore di quanti li hanno conosciuti
Domenica 10 ottobre una delegazione dell’Anpi di Varese si recherà a Camasco, frazione di Varallo Sesia, per rendere omaggio ai partigiani Vitto Caula e Fulvio De Salvo, varesini di adozione e il cui impegno sociale e politico è ancora vivo nella mente e nel cuore di quanti li hanno conosciuti.
Per chi non li ha conosciuti pubblichiamo uno stralcio del diario della figlia Neva:
“La loro nascita in due contesti tanto belli e così diversi, lei in un paesino alle pendici del Monte Rosa lui in riva al bel mare della Liguria, mi è sempre sembrata un preludio significativo alla loro vita che è stata sì un’avventura difficile e a volte drammatica, ma che tutte e due hanno sempre saputo affrontare con coraggio forza e ottimismo.
Mia mamma si chiamava Caula Vittorina ma per tutti era Vitto, come ho già detto, la sua vita inizia a Camasco un paesino della Valsesia nel 1923, in una famiglia In cui era già presente quel germe di libertà e di altruismo che sarà un tratto importante della sua personalità.
Il 30 dicembre 1943 i partigiani a Camasco sparano su un convoglio di fascisti che sta salendo al paese, è la prima azione partigiana.Il giorno seguente la rappresaglia sarà durissima, il villaggio viene messo a ferro e fuoco, l’albergo della famiglia Caula viene bruciato, e suo padre, mio nonno Secondo, è arrestato e trasferito in prigione a Vercelli.
Morirà nel 1946 in seguito alle torture subite.Le azioni cui partecipa Vitto si susseguono tra la Valsesia e Novara, dove veniva stampato il materiale di propaganda. Nei primi mesi del ‘44 lavora come infermiera in Val d’Ossola e da lì raggiunge la Svizzera. Moscatelli le ordina di restarci e di
tenere i collegamenti tra i vari compagni espatriati: conoscendo bene il francese è la persona adatta.
Nel 1945 rincontra mio papà Fulvio De Salvo, il partigiano Pier, commissario politico dell’83a brigata Comoli di Varzo, e che aveva già conosciuto nella Repubblica dell’Ossola. Si sposeranno nel 1948.
La militanza politica nel partito comunista diventa una passione che condividono con impegno ed entusiasmo. Pier diventa responsabile di partito a Gallarate; lei lavora come operaia alle tessiture Carminati dove si batte con coraggio per i diritti delle lavoratrici. Si trasferiscono a Varese dove per anni Vitto lavora come responsabile femminile dell’Unione Donne Italiane. “l’Unità” e “Noi Donne” erano i giornali che in casa non mancavano mai, persino mia nonna li leggeva e li commentava. In provincia continua la sua militanza nel partito e nell’ANPI.
Negli ultimi anni della sua vita ha dedicato il suo entusiasmo ai giovani studenti, portando nelle scuole della provincia la sua voce per testimoniare la lotta antifascista e l’impegno nell’Associazione Nazionale dei Partigiani Italiani, di cui è stata per anni appassionata dirigente provinciale. Muore a 76 anni nel 1999.
Mio padre si chiamava Fulvio De Salvo ma per tutti era Pier il suo nome di battaglia. Nasce a Pietra Ligure nel 1920 ed è il secondo di tre fratelli. Dopo qualche anno la famiglia si trasferisce a Savona.
Mio nonno Achille è titolare di un’avviata attività di stuccatore e decoratore. In città si stanno costruendo splendidi edifici in cui lui lavora.
In casa è forte l’ideologia rivoluzionaria, si parla molto di politica, la zia Drina sorella della nonna e il marito erano anarchici. Drina era una donna austera e rigorosa. Ricordo che quand’ero bambina intonava i canti di rivolta e io l’ascoltavo affascinata.
Passano gli anni e mio papà presta il servizio militare di leva a Torino come geniere degli alpini, per poi spostarsi sul fronte greco-albanese. Si ammala di tifo. Tra i miei ricordi di bambina riemerge il racconto di un suo ricovero in un ospedale da campo albanese con le cimici che si paracadutavano sui letti dei malati. È la Croce Rossa a salvarlo e a ricoverarlo in Svizzera.
Il contatto con i rifugiati politici diventa il motore della sua presa di coscienza,
Contatta i “Maquis”, partigiani francesi, e si unisce a loro. Sono loro a dargli il nome di battaglia di Pierre. E Pier, scritto come si pronuncia all’italiana, sarà il suo nome per sempre.
Rientra in Italia per la liberazione dell’Ossola e quando i tedeschi la riconquistano passa ad organizzare gruppi di resistenti. Le azioni partigiane si susseguono, e nell’aprile del 1945 partecipa al salvataggio della galleria del Sempione in qualità di commissario politico. I nazisti l’avevano minata per impedire il
collegamento tra l’Italia e la Svizzera.
L’83a brigata Comoli passa all’azione e riesce a far brillare l’esplosivo senza recare danni al paese, il Sempione è salvo. Il 29 aprile 1945 Pier raggiunge Milano, è la prima domenica di pace.
La guerra è finita anche se alcuni cecchini fascisti sparano ancora dai tetti. Pier partecipa alla sfilata delle formazioni partigiane per le vie della città.
Finalmente torna a Savona per riunirsi alla famiglia, ma la verità è più atroce di ogni più nera previsione: i suoi genitori sono morti sotto i bombardamenti e il fratello Matteo di 27 anni è stato fucilato, rimane solo Piero il più piccolo.
Nonostante tutto mio padre vuole pensare al futuro e credere in un mondo migliore e ritorna in Piemonte tra i compagni che hanno affrontato con lui tante battaglie. D’ora in poi dedicherà tutte le sue energie alla ricostruzione civile e politica del paese.
Una sera rincontra Vitto. L’ha già vista a Domodossola quando faceva la staffetta nelle Brigate Garibaldi. Lei era così bella che non l’aveva mai dimenticata.
Si sposeranno a Camasco nel 1948, andranno a vivere Gallarate dove diventa segretario della sezione del partito comunista e segretario provinciale della FIOM. Tra le tante battaglie volte a migliorare le condizioni dei lavoratori vi fu il suo sostegno agli operai di Sesto Calende per impedire la smobilitazione della grande industria aereonautica. Nel 1955 al XIII congresso Federcoop viene eletto vicepresidente per la prima volta. I suoi interventi erano quasi sempre diretti in difesa dei consumatori e sulla necessità di rinnovare i circoli e le cooperative.
Viene eletto per tre mandati in consiglio provinciale come capogruppo del PCI, lavora nella cooperazione, è tra i fondatori della “Nuova Urbanistica” cooperativa edificatrice che risponde al bisogno di tante famiglie di avere una casa.
Fu presidente dell’ANPI Provinciale di Varese per parecchi anni, in anni difficili in piena guerra fredda dove la politica estera italiana era gestita dagli Americani e dagli Inglesi.
Il suo funerale – 27 novembre 1982 – è stato uno degli eventi indimenticabili per la Varese antifascista.
Vitto e Pier sono state persone molto amate e stimate per la loro passione per un mondo migliore, un mondo dove regni la comprensione, la tolleranza, l’onestà, la fratellanza umana capace di superare i confini delle razze e delle religioni. In un mondo di PACE.”
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