Da Varese un aiuto concreto a più di 60 famiglie afghane
I fondi raccolti grazie alla cena dell'11 settembre. L'associazione culturale afghana ha organizzato la spedizione del denaro a Mazar-i Sharif. La presidentessa Ilaha Mezaary spiega cosa è stato fatto e racconta la situazione nel Paese occupato dai Talebani
Un aiuto concreto a più di 60 famiglie afghane. È il risultato della cena di finanziamento organizzata dalle ACLI e dall’Associazione Culturale Afghana in collaborazione con il PD varesino lo scorso 11 settembre, una data simbolo, anche se non ricercata, in cui ricorreva l’anniversario del ventennale dell’attentato alle Torri Gemelle a New York seguito dall’occupazione dell’Afghanistan delle truppe USA e degli stati alleati.
Grazie ai tanti partecipanti, sono stati raccolti e spediti nel paese occupato dai Talebani, per la precisione a Mazar-i Sharif, circa 3500 euro (4 mila euro raccolti, tolte le spese). Ogni famiglia riceverà 52 euro pari a 5 mila afgani, la moneta locale, cifra sufficiente per la sopravvivenza per un paio di mesi.
«Gli altri anni ci occupavamo dello smistamento del materiale, quest’anno non abbiamo potuto e abbiamo optato sulla consegna dei contanti – spiega Ilaha Mezaary, 20enne presidentessa dell’associazione culturale afghana -. Abbiamo organizzato la consegna in due punti della città afgana di Mazar-i Sharif per non creare assembramenti e per non essere individuati dai Talebani. Abbiamo fatto tutto sotto traccia, abbiamo spedito i soldi a persone di fiducia che poi li hanno distribuiti alle persone che ne hanno bisogno: abbiamo fatto firmare i beneficiari per tenere traccia delle consegne».
«In Afghanistan la situazione è critica, ci sono tantissime persone senza lavoro, che vendono tutto per guadagnare qualcosa – racconta Ilaha, nata in Afghanistan, da 9 anni in Italia, neo diplomata al Liceo Classico Cairoli di Varese e iscritta a Giurisprudenza all’Università Statale di Milano -. Si è tornati indietro di 20 anni, tutti vendono le proprie cose fuori di casa, ma anche le proprietà, i terreni, a bassissimo prezzo: pensate che un’auto che valeva 12 mila afghani adesso la vendono a 2 mila afghani. Sono in contatto con mia cugina che mi racconta della situazione delle donne: non possono uscire, lavorare, studiare. Sono a casa, se sono costrette a uscire di casa devono farlo coprendosi e mettendo il burqa o abbigliamenti che coprano tutto. Mia cugina non può andare al’Università, è laureata, ma voleva frequentare Giurisprudenza: i Talebani lo hanno detto chiaramente, le donne non possono ricoprire ruoli di rilievo».
L’associazione culturale afghana sta pensando ad altre iniziative: «Un’altra cena magari visto che a settembre abbiamo dovuto rifiutare prenotazioni a tanti che avrebbero voluto partecipare. Collaboro con altre cooperative per l’accoglienza delle persone che arriveranno dall’Afghanistan – chiosa Ilaha -. So che si sta cercando di sbloccare i corridoi umanitari per fare arrivare le famiglie: qui ne arriveranno una 70ina, a Varese una ventina».
Per chi volesse informazioni, può contattare mezaaryilaha@gmail.com.
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