Pagani: “L’economia di Varese ha ottime premesse e in più anche la bellezza”

Intervista a Silvia Pagani, nuovo direttore dell’Unione industriali della provincia di Varese. "Un territorio con molti punti di forza e un'identità da rafforzare"

Univa Generiche

«Sono a Varese da un anno e sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Ora che lo vivo realmente sono emozionata». Silvia Pagani, nuovo direttore dell’Unione industriali della provincia di Varese, non si nasconde dietro parole di circostanza. L’emozione di cui parla è più forte della consapevolezza sulla sfida che l’attende.
Un past-president di Univa appena l’ha incrociata nella sede le ha ricordato che succede ad Antonio Colombo e Vittorio Gandini. «Sono due persone che hanno fatto la differenza nel sistema di Confindustria e di questo ne sono consapevole – sottolinea il nuovo direttore – La fiducia che il consiglio di presidenza ha riposto in me, mi onora. Poi penso anche di averlo meritato perché ho un percorso professionale che mi ha dato tante soddisfazioni».

Lei arriva da sette anni di Confindustria Lombardia, dove ha ricoperto il ruolo di segretario generale. Che cosa vuol dire approdare a una territoriale?
«Quelli passati al regionale sono stati anni molto intensi e formativi perché ho acquisito una visione trasversale che mi ha dato molto. Ho sempre sostenuto che quando bisogna far crescere una persona con talento potenziale e qualità la cosa migliore è mandarla per almeno 6 mesi a fare un’esperienza al regionale, perché un osservatorio diretto sulla regione più importante d’Italia. Vedi come si muovono i territori e le imprese, come si interfaccia la politica con le varie associazioni. Per me è stata una bella esperienza formativa. Avevo molta voglia di tornare a lavorare con le imprese, perché il regionale è un lavoro di lobbie pura, mentre stare sul territorio significa ascoltare le imprese, cercare di rispondere ai loro bisogni avendo anche l’ambizione di guardare avanti e di pensare al futuro».

Oltre ad essere direttore di Univa, ricopre altri incarichi molto diversi tra loro: si va dall’Innovation hub Lombardia all’Obr Fondimpresa Lombardia, passando per la World manufacturing foundation. Ruoli che abbracciano a 360 gradi il mondo economico e le imprese. Quale di questi sente più congeniale alle sue corde?
«Solo apparentemente sembrano distanti. Essere presidente di Obr Fondimpresa Lombardia, vuol dire lavorare sul tema della formazione, in quanto Obr è l’articolazione territoriale di una struttura più grande che è nazionale, ma sono i fondi per la formazione delle imprese. Farne parte significa mettersi a disposizione per il bene del sistema e delle imprese. È un lavoro in più ma è una componente fondamentale. Per quanto riguarda il Digital innovation hub, nato con i fondi delle territoriali, è il frutto di un grande lavoro del sistema che ha pensato a una grande e unica struttura. Le territoriali hanno voluto una realtà regionale fortemente competente per poi far crescere le antenne sui singoli territori. A Varese ci sono tre persone che lavorano con delle linee pensate e strutturare coordinate da una regia regionale. L’innovazione è uno dei temi che mi porto nel cuore e ad oggi il Digital innovation hub è uno dei casi di successo del sistema confindustriale lombardo. Noi ci siamo e come consigliere rappresento Varese. Infine c’è la Word manufacturing foundation che è stata una vera scommessa. Creare una rete internazionale dedicata alla creazione di cultura industriale e manifatturiera è un grande impegno che si inserisce però nel mio percorso professionale che vuole creare collaborazioni, condividere obiettivi, processi e risultati tangibili sulle imprese. Questi incarichi in realtà hanno un tratto comune di metodo e di pensiero che si declinano nell’education, nel digitale e nella cultura manifatturiera».

Che idea si è fatta del sistema territoriale della provincia di Varese?
«Tra gli attori economici del territorio ho trovato un clima positivo e di collaborazione che può fare tanto di più e ha delle ottime premesse perché non è un territorio conflittuale. Ci sono molti punti di forza, tante eccellenze, ottimi prodotti e realtà, tra cui inserisco anche le bellezze della provincia. Ciò che a volte manca è una capacità di racconto in grado di contribuire a dare un’identità forte al territorio».

Come sta andando l’economia?
«I dati non sono negativi sia rispetto alla produzione che all’export. In questo momento l’aumento dei costi delle materie prime, le difficoltà di approvvigionamento e il caro energia sono la preoccupazione più grande delle aiznede. Anzi il termine preoccupazione non rende bene quanto stanno vivendo gli imprenditori che si vedono i margini azzerati con dei costi insostenibili. È veramente un grande rischio».

In questi anni un po’ costretti dagli eventi abbiamo dovuto convertirci un po’ tutti al digitale. Qual è il suo rapporto con le nuove tecnologie al di là del periodo che stiamo vivendo?
«Positivo ma strumentale, considero la tecnologia digitale uno strumento che deve accompagnare la cultura organizzativa che a sua volta deve essere già orientata a lavorare in un certo modo. Quando è arrivata la pandemia io ero ancora in Confindustria Lombardia, avendo già impostato il lavoro in un certo modo, la mia precedente struttura è andata avanti e così posso testimoniare per le territoriali che sentivo. In questo anno a Varese nel pieno della pandemia mi è spiaciuto non vedere subito di persona i colleghi, poi via via abbiamo recuperato. Credo però che gli strumenti digitali abbiano avuto un impatto positivo perché ci hanno costretto ad essere più efficienti e più efficaci. Nell’impostare un progetto importante, se ci sono le condizioni, la prima riunione la faccio in presenza. Poi però si possono fare i successivi allineamenti con le piattaforme digitali per ritornare in presenza quando si devono prendere decisioni importanti. Rimane comunque uno strumento da cui non farsi fagocitare».

I suoi figli sono adolescenti che cosa pensa si debba fare per le nuove generazioni?
«Il rapporto con i miei figli è una sfida costante. Da loro ricevo notizie fresche soprattutto sulle tendenze relative agli strumenti social. Da genitore penso che il Paese deve dare loro fiducia soprattutto in un momento come quello che stiamo attraversando. Per troppo tempo si è trascurato il bene più prezioso che è la scuola e la determinazione di riprendere la scuola in presenza ha tutta la mia approvazione. Univa ha seminato molto tra le nuove generazioni con interventi mirati a partire dalle scuole elementari fino all’università. Il futuro di un Paese si intravede nel modo in cui fai crescere i tuoi giovani. I dati ci dicono che i migliori talenti se ne vanno all’estero a lavorare. A me piacerebbe che i miei figli scegliessero di rimanere in Italia».

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Pubblicato il 02 Febbraio 2022
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