Un piano pedagogico per l’accoglienza personalizzata dei bambini ucraini negli asili

Inclusione e mediazione culturale tra i pilastri messi in campo dalle scuole dell'infanzia Fism per garantire un'accoglienza personalizzata a ogni bambino

asilo nido bambini

“Cercare un equilibrio tra spinta all’accoglienza dettata dal cuore e la necessità di preparare anche le famiglie e i bambini che già frequentano con uno sguardo educativo inclusivo, per garantire a tutti la massima serenità”.
Questo il doppio binario su cui poggia il piano pedagogico preparato da Valentina Buffon, coordinatrice pedagogica Fism (Federazione italiana scuole materne) Varese, con una serie di riflessioni pedagogiche condivise con insegnanti, educatrici e coordinatrici delle scuole dell’infanzia che iniziano ad accogliere bambini provenienti dall’Ucraina.

I bambini in arrivo

Non bisogna improvvisare ma neppure farsi guidare da preconcetti: l’importante è preparare l’accoglienza raccogliendo preventivamente il maggior numero di informazioni possibili sulla storia personale, il vissuto e le abitudini del singolo bambino.

«I bambini in arrivo potrebbero portare con sé un “bagaglio di dolore e paura” e, dunque, accoglierli non può essere un’azione improvvisata, spontanea o dettata dal cuore, ma dovrebbe essere una scelta ben ponderata in tutti i suoi aspetti – spiega Valentina Buffon – Dare per scontato che sia sufficiente “aprire le nostre porte” per “normalizzare” una situazione drammatica e tragica come quella della guerra, potrebbe rivelarsi un’imprudenza educativa per tutto il contesto scolastico».

Ogni bambino porta con sé una storia personale specifica e un vissuto migratorio peculiare di cui è bene essere informati (gusti, esperienze reali vissute, abitudini), evitando una «sovrainterpretazione del suo vissuto emotivo ed eventuali proiezioni relative alla nostra rappresentazione di “bambino profugo”», avverte la pedagogista, ricordando che durante la prima infanzia, tra 0 e 6 anni, i bambini vivono prevalentemente nel “qui ed ora”.  «Non è detto che abbiano effettivamente sviluppato un “trauma”, dipende dall’esposizione che hanno avuto agli eventi di guerra», avverte l’esperta. Quindi l’accoglienza deve essere personalizzata ed è bene programmare «momenti osservativi strutturati nonché la predisposizione di setting educativi pensati in ottica interculturale e all’insegna della positività e della serenità».

Preparazione di bambini e insegnanti

La guerra è un fenomeno cognitivamente distante dal mondo dei nostri bambini, per cui è bene pensare con cura momenti specifici per affrontare il tema in classe, preferibilmente con il supporto di professionisti esperti in materia.

Lo stesso suggerimento rimane valido anche per accompagnare il personale docente e non docente, ancora emotivamente affaticato dalle conseguenze dell’emergenza pandemica: «Sarebbe opportuno prevedere un momento formativo con personale qualificato, come pedagogisti, psicologi che possa attrezzare le docenti a preparare tutti i bambini all’ospitalità e ad accogliere consapevolmente dei bambini che, non solo non parlano la lingua del paese accogliente ma che non ne condividono la cultura e pratiche educative» spiega Buffon con riferimento all’attività già prevista per l’accoglienza di ogni bambino con background migratorio.

Gli stessi professionisti potrebbero supportare le docenti anche nell’organizzare la distribuzione dei bambini nelle sezioni già esistenti, che andrebbero accolti preferibilmente nella stessa classe, per evitare l’emarginazione, e nel predisporre momenti informativi e formativi anche per le famiglie che verranno indirettamente coinvolte.

Mediatori culturali (non solo linguistici)

Inoltre sarebbe necessario affidarsi sin da subito (anche prima dell’accoglienza effettiva) a dei mediatori culturali che possano fare da interpreti, non solo da un punto di vista linguistico, per questi bambini e per i loro accompagnatori: «I mediatori sono figure determinanti per la predisposizione del percorso dei bambini accolti e per il monitoraggio delle soluzioni e proposte educative – spiega Buffon – Non è sufficiente pensare di focalizzarsi sugli aspetti linguistici dimenticando quelli culturali, fondamentali per l’effettivo benessere di tutte le persone coinvolte».

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Pubblicato il 29 Marzo 2022
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