Il pianto al camper della polizia poi la svolta: a Varese processo per maltrattamenti
La donna ha raccontato di essere vessata dall’ex compagno: minacce e l’ossessione per il tradimento
Dietro alle lacrime si nascondeva l’inferno. Almeno questo è quanto raccontato da una donna di 53 anni il 26 novembre 2019 quando all’Iper di Varese era presente un camper della polizia proprio in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
La signora si avvicina, piange, parla, viene ascoltata ma non denuncia, tuttavia quella chiacchierata diventa pochi giorni dopo una sommaria informazione testimoniale e la polizia attiva le indagini per quanto appreso anche dal figlio preoccupato per quell’atteggiamento del compagno della madre. Parolacce e insulti, comportamento ossessivo a tal punto da volere a tutti i costi installare un software sul telefono per controllarne i messaggi; pretesa di tagliare i ponti con parenti e amici.
Poi la violenza sulle cose, col telefono della vittima spaccato, e anche sulla donna, a cui l’uomo si spinge a mettere le mani al collo di fonte al figlio, che si rivolge anch’esso alla polizia. Partono le indagini e gli agenti sequestrano durante una perquisizione il cellulare dell’imputato da cui esce di tutto, foto porno e materiale pedopornografico compreso.
Su questo punto, ricordato in aula oggi dall’esclusione di una teste, operante di polizia, l’imputato ha reso dichiarazioni spontanee specificando che i filmati pedo pornografici trovati nel suo cellulare erano stati portati alla magistratura anni prima e con denuncia che “ha consentito di arrestare diverse persone”. Altri 5 testi del pubblico ministero verranno sentiti il primo giugno alle ore 14.30.
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