È di Varese la “testa di legno” accusata di aver truffato mezza Italia

L’uomo, 40 anni, si trova in detenzione domiciliare: ha venduto la sua identità digitale e si è ritrovato in un mare di guai. Processi sparsi fra Sicilia e Lombardia, il legale chiede di riunire i procedimenti

Truffa

Ha sulle spalle già due condanne per aver tentato di vendere on line una “Panda“ per intascarsi i soldi della transazione per poi non consegnare il bene pattuito. Dicasi truffa. Ma che, secondo il suo legale Gianluca Franchi, avrebbe solo “nominalmente” commesso, dal momento che l’uomo, 40 anni, ora in detenzione domiciliare a Varese era semplicemente il titolare delle utenze dalle quali venivano effettuate le chiamate e attivati i contatti per portare a termine le trattative in alcuni casi, secondo le vittime, intavolate addirittura da voci femminili col solo obiettivo di truffare il prossimo.

In questo caso il varesino avrebbe commesso truffe a Sciacca, e a Enna, con condanne pronunciate nel 2017 dai rispettivi tribunali a 1 anno e 3 mesi, e 10 mesi. Poi, oltre a questi procedimenti, ne sono sbocciati altrettanti, uno a Caltanissetta e un altro ancora a Pavia. Per ora. Perché la vera insidia legata a questo genere di reati riguarda il meccanismo con cui avviene la cessione di un’identità digitale, un passaggio fin troppo semplice che viene messo in atto contro il corrispettivo di danaro, e che poi non è certo a quale risultato possa portare.

In altre parole: esistono persone fisiche che contro il pagamento in soldi – spesso cifre molto modeste, centinaia di euro – “cedono“ la loro identità digitale che serve per attivare una carta di credito prepagata o una semplice utenza telefonica che viene appunto venduta e utilizzata successivamente da chi la truffa la fa sul serio, per poi, intascati i soldi, sparire. È la tecnica della “testa di legno” che in termini economici indica il titolare fittizio di un’attività, mentre in reati contro il patrimonio si concreta con la truffa, spesso anche di volumi considerevoli.

L’imputato varesino, per esempio, figura a Pavia come il destinatario di 80 mila euro in materiali in quanto rappresentante legale di una società, di cui non sapeva di essere ai vertici. «Le truffe venivano consumate da soggetti terzi, e mai il mio cliente aveva partecipato attivamente ai meccanismi fraudolenti né mai – cosa ancor più singolare – aveva introitato il frutto di questi raggiri», spiega il legale varesino Gianluca Franchi che per questo motivo ha richiesto in questi giorni un “incidente di esecuzione”, vale a dire la richiesta del ricongiungimento sotto un unico processo dei procedimenti accesi per la medesima fattispecie contestata. «La problematica di queste truffe è che competenza a giudicare si radica nel foro del tribunale in cui la vittima esegue il pagamento», spiega l’avvocato Franchi: «Ci troviamo così a gestite situazioni difficili, e una volta che il processo è finito con un giudicato, non è più possibile contestare gli addebiti».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 20 Aprile 2022
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