“Forse” un giorno con il perdono la nostra anima ferita guarirà
La Long Story scritta da Claudia Donadoni e pubblicata da Macchione Editore sarà presentata oggi sabato 7 maggio alle 17 e 30 a Villa Recalcati a Varese
Titì, la sua vecchia e il lockdown. È lungo questa costellazione familiare e temporale che scorre “Forse” (Macchione editore) la long story scritta da Claudia Donadoni. Spogliata di ogni retorica e alla ricerca di una verità, che può scaturire solo da un confronto serrato e senza reticenze, tra una madre e una figlia, “Forse” è una storia che non prevede uscite di sicurezza.
Del resto il Covid-19 ha abituato le persone a esporsi alla ricerca di un senso, che sembrava smarrito per sempre, per affermare la propria esistenza, nonostante l’isolamento, le mascherine e l’impossibilità iniziale di una cura. «Da corpo a corpo, a volte, si può toccare l’anima. Solo che il corpo, se lo ferisci, può guarire. L’anima no. La ferita si aggiusta di sopra, ma di sotto sempre sanguina. Non ti resta che prendere tutto il tuo coraggio e seppellire il cuore» scrive l’autrice.
Per preservare la vita si rinuncia alla vitalità. Eppure le esistenze scorrono anche nell’apparente immobilità del lockdown. Un avanti e indietro, sollecitato dai ricordi, dagli oggetti, dalle confessioni spontanee, dai biglietti di auguri ingialliti che fanno riaffiorare un battito di amore filiale e al tempo stesso materno. In questo Titì e la sua vecchia sono uguali: «Due donne a un bivio. Da cui non si può più fare ritorno?». È una domanda che non vuole una risposta, perché in tempo di pandemia – proprio come Titì e sua madre – siamo ripiombati nella vita degli altri, nostro malgrado. Ci siamo ritrovati in quel bivio che nemmeno ce ne siamo accorti. E non ci sono risposte perché una volta arrivati lì, non esistono zone franche in grado di farci evitare dolore e sofferenza, nemmeno quando si è convinti di avere raggiunto l’equilibrio nella solitudine, colmata di abitudini e affetti sepolti anche se mai dimenticati.
“Forse” è una riflessione sul nostro tempo, non solo pandemico. Un tempo che ci costringe a riprogrammare le nostre esistenze in un perimetro sociale che abbiamo ridotto all’osso per paura, in attesa di un futuro dai contorni sempre più incerti. Ma Titì sa che il tempo immaginato può essere una trappola, così come il destino. Un pretesto per giustificare senza ragione i fallimenti, le mancanze e le occasioni perdute.
Esiste allora un rimedio per ricostruire un’esistenza sapendo che non possiamo “riparare” i nostri genitori? «Il perdono: come un regalo. Il dono della libertà che libera dalle ferite del passato».
“Forse” solo così si può tornare a essere felici.
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Il libro sarà presentato, nell’ambito del Premio Chiara Festival del racconto, sabato 7 maggio alle ore 17 e 30 a Villa Recalcati a Varese. Intervengono l’autrice e il giornalista Maurizio Lucchi
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