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I profughi ucraini in provincia di Varese sono 6.500: la sfida dell’accoglienza tra lavoro e bisogni quotidiani
Si tratta di donne, bambini e anziani: di loro in 1.500 hanno ricevuto il permesso di soggiorno ma la macchina continua a lavorare. Ecco gli ultimi dati dalla cabina di regia in Prefettura a Varese
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I profughi ucraini in fuga dalle bombe dell’esercito di Putin sono arrivati ad essere 5,3 milioni. Si tratta prevalentemente di donne, bambini e anziani accolti per la gran parte nei paesi di confine e in Europa. Un enorme flusso di persone che ha messo alla prova fin dall’inizio la macchina dell’accoglienza, che ha lavorato in emergenza fin dall’inizio dell’attacco russo, ma che continuerà a porre nuove esigenze ai paesi che hanno aperto loro le porte.
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Di questo popolo di profughi in movimento in provincia di Varese ne sono arrivati 6.500, un dato aggiornato all’ultima cabina di regia che si è tenuta in Prefettura a Varese mercoledì 5 maggio. Di loro circa 1.500 hanno già ottenuto il permesso di soggiorno.
«Di questi – racconta la presidente di Upel Eleonora Paolelli che ha partecipato alla cabina di regia in rappresentanza dei comuni – abbiamo notato come la metà siano bambini e l’altra metà praticamente solo donne».
La riunione in Prefettura punta proprio a mantenere un aggiornamento costante tra tutti gli enti coinvolti nell’accoglienza: i comuni, la Questura di Varese, i Carabinieri di Varese, l’ATS Insubria, le ASST Sette Laghi e Valle Olona, la Confcommercio e l’Ordine dei Consulenti del Lavoro.
Il tema che si pone è soprattutto quello della durata di questa accoglienza perché, a seconda dei tempi, che al momento è difficile prevedere, si porranno diverse esigenze di organizzazione. «L’impressione è che molte delle persone arrivate abbiano la speranza di fare ritorno nelle proprie case in tempi brevi – spiega Paolelli -, chiaramente questo dipenderà molto da quello che accadrà in Ucraina».
La sfida del lavoro
Per far fronte a questa prima fase in provincia di Varese è nato anche un progetto che la Confcommercio ha pensato nell’ottica del lavoro: lo scorso 27 aprile a Villa Recalcati a Varese è stato presentato un piano (LEGGI QUI L’ARTICOLO)che agevola l’incontro tra domanda e offerta di lavoro pensando a chi è in fuga dalla guerra. L’obiettivo è quello di mettere in contatto i profughi che hanno bisogno di lavoro e le aziende della provincia che in questo momento cercano più di 3500 addetti per far fronte alla stagione.
Proprio su questo piano durante la riunione in Prefettura è stato ribadito che ai profughi interessati saranno garantiti idonei percorsi di formazione professionale e di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro.
L’accoglienza di tutti i giorni
Oltre che al lavoro continuano ad esserci le esigenze di vita di tutti i giorni e dell’integrazione scolastica dei bambini. Sono tanti i comuni che hanno attivato esperienze di aiuto e molti stanno anche cercando di fare rete tra loro.
Il sindaco di Besozzo Riccardo Del Torchio, ci racconta ad esempio che insieme ad altri amministratori si è attivato fin da subito per creare una rete di accoglienza diffusa con altri comuni del territorio: «Stiamo andando avanti con questo obiettivo e insieme abbiamo partecipato ad un bando nazionale della Protezione Civile, di cui speriamo di avere un riscontro positivo il prima possibile. Questo ci darebbe la copertura finanziaria per poter affidare alla cooperativa che già collabora con noi, la gestione dell’accoglienza. Se questo bando non dovesse andare a buon fine, trovandoci ancora in una situazione di emergenza, dovremmo trovare risorse per un Centro di Accoglienza Straordinario o per una gestione Prefettura-Comune». Sul lungo periodo è ipotizzabile che si possa poi attivare anche per i profughi ucraini il sistema Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), ma è troppo presto per poterlo capire.
Sarà dunque il tempo di permanenza dei profughi a definire man mano le diverse strategie di accoglienza e integrazione.
Leggi le tante storie di aiuto ai profughi ucraini in provincia di Varese
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