
Big data e algoritmi dominano il mercato del lavoro
Saper leggere i dati è strategico per chi fa impresa. Lo startupper Alessandro Mezzera spiega in cosa consiste il mestiere del data scientist

In un secolo come il nostro caratterizzato dal fenomeno ormai dirompente della digitalizzazione, la quantità di dati generata all’interno delle organizzazioni ha registrato una crescita esponenziale. I dati vengono prodotti durante ogni attività quotidiana, da svariate sorgenti e in differenti formati e le organizzazioni necessitano di strumenti e competenze adeguate per poterli analizzare correttamente.
Si è, quindi, assistito alla nascita di nuove forme di strumenti tecnologici volte a soddisfare questo obiettivo, una di queste prende il nome di Big data, ovvero sistemi in grado di raccogliere e analizzare grandi quantitativi di dati eterogenei e non strutturati con l’obiettivo di ricavare informazioni utili per il fenomeno oggetto di valutazione.

SAPER LEGGERE I DATI PER DECIDERE
D’altronde, che i dati siano diventati una componente fondamentale all’interno delle imprese è ormai considerato un dato di fatto. Vengono utilizzati come uno strumento che ti permette di prendere delle decisioni aziendali migliori, risolvere problemi complessi, incrementare processi e comprendere più a fondo il comportamento dei propri clienti, insomma sono una componente rilevante messa a vantaggio delle imprese che se saranno abili nello sfruttarli potranno ottenere risultati rilevanti. La crescente importanza assunta nel corso del tempo dai dati e soprattutto dalle tecnologie per elaborarli è un segnale importante del mutamento del mondo del lavoro. Le imprese a loro volta devono saper cavalcare quest’onda d’innovazione per non rischiare di essere superate dai competitor che operano nel medesimo settore.
DALLA TRADIZIONE ALL’ALGORITMO
Questo è il concetto che sta alla base dell’idea di fare impresa di Alessandro Mezzera, giovane startupper del Varesotto che reinterpreta modelli tradizionali di business in chiave contemporanea, utilizzando, appunto, gli strumenti digitali. Secondo Mezzera, l’errore che si è fatto in questi anni è stato il distacco della potente tradizione manifatturiera italiana dalle nuove tecnologie. Applicare componenti prettamente tecnologiche, come algoritmi ed elaborazione dei dati, non dovrebbe essere solo una prerogativa delle startup ma la cosa più naturale per un’azienda che vuole stare sul mercato in modo competitivo.
Questa filosofia di pensiero viene perfettamente replicata all’interno di un altro progetto al quale si sta dedicando attualmente Alessandro Mezzera. «Sono sempre stato un ragazzo molto appassionato al mondo della tecnologia – racconta lo startupper – che aveva a cuore il tema della sostenibilità. Perciò, quando mi hanno offerto la possibilità di partecipare al progetto Oxyken non potevo che accettare».
CARBON CREDIT E VALUTA DIGITALE
Oxyken si pone come obiettivo quello di trasformare in valuta digitale i carbon credit attraverso l’utilizzo di tecnologie blockchain, permettendo così di poter esaminare la quantità di anidride carbonica emessa dalle imprese. Questo progetto è un chiaro esempio di un’impresa che si è adeguata a quelli che sono i cambiamenti in atto nel macroambiente poiché, come affermato dallo stesso Mezzera, «nel giro di 3 anni sarà obbligatorio per le imprese valutare la quantità di CO2 emessa».
La stessa logica alla base di Oxyken viene applicata non solo al mondo delle imprese ma anche alle singole persone tramite lo sviluppo di una piattaforma volta a monitorare la quantità di CO2 emessa da ogni singolo soggetto nell’arco di una giornata. Tramite l’utilizzo di uno smartwatch collegato direttamente alla piattaforma viene calcolata la quantità di CO2 prodotta durante lo svolgimento di attività quotidiane così che, alla fine della giornata, ciascuna persona può visionare l’ammontare complessivo effettivamente prodotto e decidere di comprare, tramite l’utilizzo della piattaforma stessa, il token Oxyken poiché ad ogni token è associata una pianta, la quale produce una determinata quantità di ossigeno, che andrà così a compensare la quantità di CO2 emessa.
IL RUOLO DEL DATA SCIENTIST
Leggendo tra le righe si può facilmente notare come nel futuro sarà richiesta una quantità sempre maggiore di esperti che sappiano analizzare, elaborare e sfruttare in maniera competitiva una risorsa così importante come quella dei dati. Il data scientist è la figura che, utilizzando modelli matematici e tecniche di programmazione, è in grado di gestire grandi moli di dati e trarne informazioni rilevanti per l’impresa.
È dunque una figura molto utile in vari settori lavorativi, dalla finanza alla pubblica amministrazione, dall’e-commerce alla sanità. Ovunque ci sia una grande mole di dati da analizzare, da gestire e da interpretare, un esperto di data science è essenziale per indirizzare al meglio la politica aziendale della società.
Con il passare del tempo sempre più settori produttivi non potranno più fare a meno di strategie basate sull’analisi dei dati digitali, dei trend di mercato e dei comportamenti dei propri clienti. Di conseguenza è pronosticabile che la figura professionale del data scientist sarà sempre più ricercata negli anni a venire, con una previsione di mercato che attesta che il numero di occupati in questa posizione aumenterà del 10% entro il 2024.
In Italia, tuttavia, questa evoluzione non viene espressa appieno in quanto il 55% delle grandi aziende italiane rimane legata ad un modello tradizionale, con scarse competenze interne di analisi dei dati. Un’arretratezza tipica della storia del nostro paese ma che deve essere superata per riuscire a stare al passo con le grandi potenze europee.
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