Dai ring del Varesotto alla TV: la passione per il wrestling di “Mefisto”
Claudio Delia, varesino di 39 anni, ha partecipato come ospite nella puntata del 23 agosto della trasmissione di Raidue "Help - Ho un dubbio", condotta da Caterina Balivo: ci racconta la sua passione per questa disciplina molto scenografica e spettacolare
La passione per il wrestling di “Mefisto”, al secolo Claudio Delia, arriva in televisione. Il varesino di 39 anni ha infatti partecipato come ospite nella puntata del 23 agosto della trasmissione di Raidue “Help – Ho un dubbio”, condotta da Caterina Balivo, immagini poi riprese da “Blob” del giorno successivo grazie alle espressioni spaventate della conduttrice, stupita dallo “scontro” tra il wrestler varesino e il suo amico Gabriele Ciarla, anche lui wrestler.
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«Io sono di Varese e pratico wrestling ormai da 12 anni con la TCW – Total Combat Wrestling (società sportiva milanese nata nel 2006 per volere del suo presidente Jacopo Galvani, giornalista e opinionista sportivo), ad oggi una delle realtà più longeve e prolifiche dello stivale – racconta “Mefisto” -. Ho alle spalle oltre 100 match e ormai alla soglia dei 40anni (e complici numerosi infortuni procuratimi sul ring) inizio a valutare il ritiro. Negli anni ho promosso numerosi eventi nella provincia di Varese, i prossimi saranno il 17 e 18 settembre al “Milano Comics & Games” (che si svolge ormai da anni presso MalpensaFiere a Busto Arsizio), dove faremo ben tre show: uno al sabato pomeriggio e due la domenica. Il wrestling nonostante sia visto più come una forma di “performance art“, unendo teatralità e gesti atletici, richiede una grande preparazione fisica e psicologica come un vero sport, atta ad insegnare (e affrontare) cadute, tecniche e proiezioni simili a quelle di lotta libera e judo e vere e proprie coreogeafie da stuntman. Gli allenamenti si svolgono il lunedì sera presso la Scuola Primaria Don Milani, in via Mascagni 1 a Paderno Dugnano (per info: totalcombatwrestling2006@gmail.com), anche se un giorno mi piacerebbe vedere un polo di allenamento proprio nella città giardino… chissà».
La passione di Delia per il wrestling risale a parecchio tempo fa, quando da ragazzino ha cominciato a vedere i grandi nomi di questa specialità in televisione: «Sono appassionato da sempre, i primi ricordi legati al wrestling sono di me a 4 anni che mi aggrappo al coprifilo della porta dimenandomi perchè voglio guardare la tv, mentre mia madre cerca di trascinarmi a letto, perchè secondo lei la visione di Jake “The snake” Roberts (che si faceva accompagnare sul ring da un pitone) mi avrebbe procurato gli incubi. Da li in poi l’ho sempre seguito, anche se in Italia è stato trasmesso un po’ a singhiozzo con dei buchi di anni – spiega -. Da sempre tacciato di essere un’americanata violenta, o di essere “finto”, chi lo conosce sa che il wrestling ha delle origini europee come lotta da fiera, e venne in seguito regolamentato in America nel 1905 (con l’istituzione del primo titolo dei pesi massimi, per il quale si sfidarono Frank Gotch e George Hackenshmidt, con la vittoria di quest’ultimo) e vi erano spettacoli di wrestling in Italia fino al ventennio (filmati fruibili da quando vennero caricati gli archivi dell’Istituto Luce su Youtube). Nel Belpaese però, dove si ha la malsana abitudine di idolatrare personaggi stranieri rispetto ai nostrani, non molti sanno che terminata la carriera da pugile, Primo Carnera si reinventò con successo nella cosiddetta “lotta libera americana” o che il campione più longevo dell’allora World Wrestling Federation (oggi WWE, World Wrestling Entertaiment, società più importante a livello mondiale, ma punta di diamante del settore, vista l’esistenza di migliaia di sigle più piccole sparse per il globo) fu l’italianissimo Bruno Sammartino, di Pizzoferrato in Abruzzo. Scomparso pochi anni fa, quando era ancora in vita, gli fu dedicata una statua nella piazza principale del paese e un bronzo nel WWE Museum, nella sede di Stamford».
«Il wrestling è una disciplina semplice ma complessa allo stesso tempo. Va visto con lo stesso mood con cui ci si approccia ad un film d’azione. Per dire: se guardi un film di Bud Spencer dove il nostro tira giù 3 manigoldi con uno schiaffo, non pensi “è finto”, anzi… E il wrestling non è finto, perchè le botte e le cadute sono vere e noi non siamo cartoni animati, ma uomini che subiscono la forza di gravità come tutti. Siamo stuntmen. E poi c’è il gioco delle parti che rende tutto più coinvolgente, ovvero “i buoni e i cattivi”. Se passi una giornata frustrante a lavoro o a scuola e la sera assisti ad uno show di wrestling potrai urlare tutte le tue frustrazioni addosso al cattivo (o al buono se preferisci), immedesimandoti nel tuo eroe e tornando a casa con una sensazione di leggerezza. In un certo senso è “terapeutico” – continua Delia -. Per praticare wrestling ci vuole molto autocontrollo e preparazione, anche perchè la tua salute è in mano al tuo avversario e viceversa. Più c’è feeling e più il match sembrerà realistico. Il wrestling è una forma di “performance art“, che unisce teatralità e gesti atletici, richiede una grande preparazione fisica e psicologica come un vero sport, la preparazione è atta ad insegnare (e affrontare) cadute, tecniche e proiezioni simili a quelle di lotta libera e judo e vere e proprie coreogeafie da stuntman. Personalmente convivo con una forte depressione sin dall’adolescenza e nel wrestling e nella musica (canto da 20anni nei The Killerfreaks, ormai storica band horror rock della provincia), trovo la mia cosiddetta “comfort zone”, una valvola di fuga dai pensieri negativi».
«Venni a conoscenza dell’esistenza del wrestling italiano nei primi di gennaio 2005, quando vidi affisso a Varese (nella fumetteria allora gestita da Luca Del Bravo) un manifesto di uno spettacolo di wrestling al Palayamamay di Busto Arsizio il 30 di quel mese. Neanche a dirlo, ci andai e fu stupendo. Replicai l’esperienza il 25 giugno di quell’anno al palazzetto dello sport di Masnago, dove vennero annunciati nell’incontro principale anche due ex atleti WWE: A-train e il compianto Test. Fu l’unico show dal vivo che vidi con mio padre, che poi si ammalò e venne a mancare in pochi mesi. Nel 2007 scoprii che vi era un’altra federazione a fare capolino in provincia, la TCW, Total Combat Wrestling (società sportiva milanese nata nel 2006 per volere del suo presidente Jacopo Galvani, giornalista e opinionista sportivo) e nel 2010 grazie a Laura, mia compagna, cominciai a mettermi in gioco e allenarmi. Esordii come presentatore il 20 agosto di quell’anno in un evento a Cadegliano Viconago organizzato da Andrea “Pain”Orlandi”: da allora ho vinto diversi titoli, partecipare a gare e incontri, oltre 100 match, girando mezza Italia montando e smontando il ring coi miei compagni della TCW – conclude -. In tv ho partecipato alla trasmissione televisiva di wrestling intitolata “Custom Mazzate” in onda su ReteBrescia (che per ora è in standby, ma dovrebbe riprendere a ottobre), grazie agli amici Tony Tuono, cantante rockabilly magistralmente improvvisatosi come istrionico conduttore (nonché creatore di Skelvis, personaggio/mascotte del programma) e l’anima della trasmissione, colui che lavora dietro le quinte, il mago tuttofare dello show Giulio Ravera (cameraman, regista e montatore)».
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