All’Insubria lo sapevano già: “La pasta si cuoce anche a fuoco spento” parola di Dario Bressanini
Quella di Parisi è una "ricetta" che Dario Bressanini, docente all'Università dell'Insubria e vera e propria star di Youtube e Instagram ha diffuso molto tempo fa, e che in molti hanno già sperimentato
Fa discutere il post del fisico e premio nobel Giorgio Parisi che propone di cuocere la pasta a fuoco spento per risparmiare gas. Una proposta che ha scatenato commenti di ogni genere e che ha visto anche dalle nostre parti una levate di scudi (Nel nostro caso, lo chef cresciuto alla scuola di Gualtiero Marchesi Alessandro Garzillo).
Quella di Parisi è però una “ricetta” che Dario Bressanini, docente all’Università dell’Insubria e vera e propria star di Youtube e Instagram ha diffuso molto tempo fa, e che in molti hanno già sperimentato. Risale infatti a 5 anni fa il post nel suo blog – corredato anche da un esperimento e dalle relative tabelle con i risultati – che ne spiega le dinamiche, e 5 anni ha anche il video di Youtube che lo spiega visivamente.
Nel blog, in particolare, il docente spiega: «Molte persone pensano che l’ebollizione dell’acqua sia una condizione assolutamente necessaria per poter cuocere la pasta, ma già Thompson (Fisico, fondatore della termodinamica, vissuto alla fine del 1700, ndr) intuì che questo non è vero. La cottura del cibo infatti dipende solo dalla temperatura raggiunta, e non dal fatto che l’acqua stia bollendo o meno».
Bressanini approfondisce in maniera “sceintifica” ma anche con parole semplici la questione: «L’acqua penetra nella pasta anche a basse temperature, persino in acqua fredda, ma più la temperatura aumenta e più velocemente entra nell’impasto. La gelatinizzazione dell’amido è quel fenomeno in cui i granuli di amido assorbono acqua e formano un gel. L’amido di frumento gelatinizza tra i 60 °C e i 70 °C. Il glutine denatura e coagula tra i 70 °C e gli 80 °C. Notate che sono tutte temperature molto al di sotto delle temperature di ebollizione comuni nelle nostre cucine. Questo significa che è possibile cuocere la pasta anche tenendo l’acqua a 80 °C, mettendoci solo un pochino di più perché l’acqua idrata l’impasto un po’ più lentamente».
La “ricetta” non è una idea di qualche scienziato pazzo – e magari anche poco gourmet – in vena di esperimenti, ma un rimedio antico: «Ogni tanto qualche cuoco riscopre questo fatto e ripropone una sua versione di quello che Thompson già nel ‘700 aveva descritto, dando delle regole su quando spegnere il fuoco dopo aver gettato la pasta – spiega Bressanini – Non si tratta però di un nuovo metodo di cottura della pasta, e non merita un nome specifico perché, lo ribadisco, ciò che conta è solo la temperatura raggiunta e non se l’acqua stia bollendo o meno».
Il ricercatore nel suo post invita a “provare per credere”: «Se non ci credete fate questo esperimento: mettete due litri d’acqua in una pentola. Portatela all’ebollizione col coperchio (“risparmierete sui tempi e sul gas”, aggiunge 5 anni prima della crisi energetica, ndr). Una volta all’ebollizione aggiungete il sale e un etto di pasta corta. Mescolate una ventina di secondi per evitare che la pasta si attacchi, spegnete il gas, coprite e preparate il vostro sugo preferito. Le mie penne dopo 12 minuti, uno in più dell’indicazione della confezione, erano pronte, con l’acqua ancora a 86 °C, al di sopra della temperatura di gelatinizzazione dell’amido e di coagulazione delle proteine».
Bressanini, cinque anni fa, aveva concluso il suo post con una indicazione che oggi è assolutamente d’attualità:«Vi può sembrare inutile, ma pensate a quanta energia viene sprecata ogni giorno per far bollire acqua che poi verrà gettata nel lavandino. Gas e soldi letteralmente buttati. Nel mio primo esperimento ho impiegato 11 minuti per portare l’acqua all’ebollizione, e ne avrei impiegati altri 11 per la cottura. Lo so che siete diffidenti ma se non vi fidate potete sempre iniziare a spegnere il fuoco qualche minuto prima di togliere la pasta. Risparmierete comunque».
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