
A Varese si svela il percorso virtuoso per generare bellezza sul lago
Interessanti temi sono stati protagonisti dell’incontro “Ambiente e turismo ecosostenibile”, promosso da AQST (Accordo Quadro per il Risanamento del Lago di Varese) nell’ambito degli eventi varesini della Settimana Europea dello Sviluppo Sostenibile

Ora che il risanamento del lago di Varese è pressoché compiuto, come è possibile coniugare la valorizzazione ambientale con un turismo che sia ecosostenibile? E’ stata questa la domanda che ha fatto da spunto all’incontro “Ambiente e turismo ecosostenibile”, promosso da AQST (Accordo Quadro per il Risanamento del Lago di Varese) nell’ambito degli eventi varesini della Settimana Europea dello Sviluppo Sostenibile che, su input di Camera di Commercio e il supporto di diversi partner, quest’anno per la prima volta viene “celebrata” anche sul nostro territorio, con un fitto calendario di appuntamenti che arriveranno fino a sabato 24 settembre.

Il convegno ha visto in apertura l’intervento di Daniele Magni, coordinatore segreteria tecnica di AQST Lago di Varese, che ha raccontato nei particolari gli interventi dell’accordo quadro di sviluppo territoriale e introdotto gli altri relatori: la prima dei quali è stata Katia Accossato, architetta e docente al Politecnico di Milano, che ha illustrato il sistema di progetti per la riqualificazione del lago realizzato da lei e dal suo team per i vari punti significativi sulle sponde del Lago di Varese.
Progetti che non prevedono grandi e impattanti opere, ma dove basta in alcuni casi – come per la spiaggia della Schiranna – una semplice “riorganizzazione” degli alberi e del selciato, per poter dare ordine e senso alla piazza. Oppure, come nel caso della zona del trampolino anni 30 di Biandronno, prevede una piccola struttura di servizio (Bar e bagni pubblici) che possa essere “d’esempio” non impattante per eventuali altre strutture ricettive intorno al lago. L’unica parola d’ordine di questi progetti, realizzati dopo mesi di studio e di sopralluoghi sulle sponde del Lago di Varese, è “ordine e bellezza”: uno spunto comune per i paesi che insistono sul lago, affinché quest’ultimo diventi un unicum turistico.
Un’utilissima riflessione l’ha regalata la “best practice” invitata, quella del museo delle palafitte del Lago di Ledro. A parlare della loro straordinaria storia sono stati il ricercatore Alessandro Fedrigotti e il direttore del locale museo Donato Riccadonna: un museo nato nel 1972, in un piccolo lago trentino che ora fa da bacino idroelettrico (ma conserva anche la sua vita sportiva e turistica) e che ora fa da hub per 7 centri di cultura che attirano ogni anno 70mila presenze. «Abbiamo abbracciato l’idea tedesca dei “musei del fare” – spiega Donato Riccadonna – E la nostra prima iniziativa, negli anni 70, è stata “la merenda preistorica” dove insegnavamo ai bambini a fare il pane. Fu un successo immediato, c’era una grande voglia di questi eventi. E ora la nostra struttura è in grado di accogliere oltre 100 bambini ogni giorno».
Qual è il segreto di un simile successo, in un luogo “di frontiera”? «Il lavoro d’equipe. Ma inteso seriamente: per avere un team bisogna investire. Innanzitutto pagare le persone, con contratti che le impegnano per 12 mesi. Perché così una persona se la sente di progettare, ideare, prendersi cura di una realtà». Ma non solo. Per poter pensare più in grande bisogna coinvolgere più soggetti: «Il lavoro che dobbiamo fare è quello dell’approssimazione – risponde Alessandro Fedrigotti – non nel senso di fare le cose alla carlona, ma di avvicinarsi più possibile ai soggetti potenzialmente coinvolgibili, e intercettare quanti più interessi possibili per portare avanti degli obiettivi comuni».
Perchè il vero segreto di ogni buona pratica è un territorio che sostiene delle idee: ed è quello che conferma, per il futuro del risanamento di Varese Paolo Giorgetti, della Cooperativa Pescatori del Lago di Varese, esistente dal 1922, il cui intervento si intitolava “Il lago non rinasce senza i pescatori”. «Facciamo finta che tra cinque anni il lago è di nuovo in equilibrio dal punto di vista ecologico – spiega Giorgetti – e tutto torna in equilibrio: turismo, pescatori, ristorazione. Ma come avverrà? Sicuramente perchè le specie alloctone, che hanno ridotto al lumicino i pesci pregiati come il persico, si riducono. Ma come si possono ridurre? Pianificando la loro riduzione, cioè pescandoli in una quantità sufficiente. Ma questo non basta a far tornare la biodiversità nel lago: ci vuole la reintroduzione del persico, immettendo avanotti nel lago, che però per un po’ è meglio non pescare, e quindi qualcuno deve definire la riduzione della pesca delle specie pregiate finché non è stato ripopolato il lago. E poi: cosa si fa del pesce siluro pescato? Come lo si riutilizza? E soprattutto: chi li pesca, visto che la cooperativa pescatori ora ha solo tre soci e tutti sopra gli 80 anni? C’è solo una risposta: che il territorio promuova e sostenga questa transizione. Solo così ci sarà vantaggio per tutti, e alla fine di questo percorso avremo generato bellezza».
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