Amarcord
di Anna Rosa Confalonieri
Non amo guidare, la mia Dyane lo sa. Procediamo con calma. È molto tempo che non torniamo da queste parti. Non riconosciamo la strada. Il paesaggio è cambiato, io sono invecchiata e la mia auto con me. L’odore di vecchia carrozzeria si esalta con il caldo.
Cerco il “Campo”, un piccolo appezzamento di terreno alla periferia di Fabriano. Non era vicino alla casa di Annetta. La piccola donna dai grandi seni ci andava a piedi ogni giorno alle cinque del mattino. Odorava di borotalco e mangiava caramelle al limone, l’aiutavano a digerire, diceva. A volte nei pomeriggi estivi portava anche me.
Un cancelletto sgangherato dava su una breve scalinata di pietre conficcate nella terra. Forte era l’odore di erba che macerava e di guano. Qualche gallina razzolava pigra beccando qua e là sul terreno, due piccioni volavano bassi vicino a una piccola costruzione di mattoni e cemento, la Capannella, la chiamava Anna, di altri si sentiva il tubare mentre il capino spuntava da sotto una tettoia. Da una finestrella filtrava la luce. La porta era spesso socchiusa, così le galline si intrufolavano in cerca di ombra: un tavolino, due sedie, un cestino di paglia per raccogliere le uova, il fiasco di vino del contadino, un uomo schivo che le dava una mano in campagna. Qui da bambina mangiavo pane e pecorino per merenda al fresco, in braccio un coniglietto, il mio preferito uno bianco e nero. Nel campo l’erba era alta, qua e là macchie di fiori bianchi e gialli spuntavano a cercare il sole. Mi era vietato entrare. Non si doveva schiacciare l’erba da fieno. Una vite nodosa con grossi grappoli di uva bianca dagli acini stretti correva ai bordi. L’uva di Annetta con cui si faceva quel vinello bianco e leggero che profumava di fragola. Cosa darei ora per gustarne un bicchiere fresco di cantina!
Intorno il silenzio. Silenzio e sole. Alla destra del campo l’orto, recintato. Un altro mondo: là l’erba pronta per essere falciata ributtava il calore del sole, qui il verde delle foglie delle verdure. File di piante di pomodori con frutti pesanti e maturi per la conserva in bella mostra sulle mensole nello scantinato insieme alle trecce di aglio e cipolle, melenzane bianche e viola, fagiolini rampicanti, insalate. E gli odori! come li chiamano nelle Marche. Cespugli di salvia e rosmarino, basilico, timo, origano e menta. Solo a sfiorarli profumavano l’aria. Tornavo sempre a casa con qualcosa che avevo raccolto con orgoglio.
Accosto l’auto a bordo strada. Sono arrivata. Esito a scendere. Inspiro profondamentee mi guardo intorno. Il tempo è passato in questo luogo. Forte il richiamo dei ricordi. Non troverò i conilletti che Anna mi permetteva di tirare fuori dalle gabbie.
Spero di incontrare quella bambina della quale sento la mancanza.
Racconto di Anna Rosa Confalonieri (www.ilcavedio.org)
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