Una “Lettera dalla solitudine” partita in buona e folta compagnia
La presentazione nel Salone Estense del libro di Fernando De Maria, che raccoglie una selezione dei racconti pubblicati sulla Prealpina e su Varesenews, è stata anche una “reunion” dei praticanti varesini dell’atletica leggera e, in particolare, della maratona
Una “Lettera dalla solitudine” partita in buona e folta compagnia. La presentazione nel Salone Estense del libro di Fernando De Maria, che raccoglie una selezione dei racconti pubblicati sulla Prealpina e su Varesenews, è stata anche una “reunion” dei praticanti varesini dell’atletica leggera e, in particolare, della maratona. Attorno a De Maria si sono stretti, non nascondendo la commozione, vecchi atleti come i maratoneti Vittorio Ciresa, Mario Peragine e Luigi Monti, con il presidente dalla loro squadra, la Belloli poi diventata Ergovis sotto l’egida del compianto Enrico Arcelli, Alessandro Frè. C’erano anche, tra gli altri, a tenere a battesimo la fatica letteraria di Fernando, vincitore della maratona di Monza del 1975, Claudio Bronzi, vincitore di ben dieci Luvinate-Campo dei Fiori, e il campione europeo juniores dei 1500 metri Roberto Gervasini.
Non mancava il mondo del calcio, rappresentato dall’onorevole Daniele Marantelli, che ha ricordato i tempi in cui Fernando lo accompagnò, come un fratello maggiore, nei suoi primi calci sul campetto di Masnago.
La presentazione del libro è stata una celebrazione di valori come l’empatia e la solidarietà che nel mondo rievocato da De Maria erano la spontanea regola di comportamento nei rapporti umani. Come si evince dal racconto “L’odore del pane”, nel quale l’autore ricorda l’emozione provata nel riscoprire nel pane comprato in un autogrill in Emilia il profumo emanato dal pane che gli offriva come merenda la mamma del suo amico belfortese Enrico. “Quella madre dava a me ciò che dava a suo figlio. In silenzio m’insegnava a dividere con gli altri quello che noi abbiamo”. E nello stesso racconto è rievocata la figura del calzolaio biumense di “Casa Garibaldi” che regalava le uova fresche ai bambini e riparava le scarpe gratis a chi non poteva pagare.
Il titolo del libro, “Lettera dalla solitudine”, è quello di un racconto in cui Fernando narra con le sue parole il dramma di un marito che vede, o meglio, che non può vedere morire la sua compagna vittima della pandemìa. E nel periodo più triste della nostra storia recente è ambientato il racconto “Il coniglietto di Rodano”, che narra dell’amicizia tra la piccola Stella e un coniglietto selvatico. L’animo nobile di Fernando si manifesta nei racconti dedicati agli incontri con la madre, giunta al tramonto della sua esistenza, nella Rsa di Biumo Superiore e la sua capacità di guardare il prossimo andando oltre la superficie appare nei racconti dedicati a personaggi, siano essi campioni dello sport, come Maradona e Pantani, o persone “normali” come l’infermiere Renzo il Toscano, angelo dei malati, o Gaspare Pappalardo, il principe povero della strada.
Secondo di quattro figli, Fernando De Maria nasce a Vitulano, in provincia di Benevento, il 7 gennaio del 1947. Nel 1950 la famiglia si trasferisce a Varese per raggiungere il padre, operaio all’Aermacchi. Biumo e Masnago sono i rioni varesini che accompagneranno i suoi anni giovanili. E alla scuola elementare “Locatelli” di Masnago fu il suo maestro, Giovanni Meinardi, a scoprirne le potenzialità di narratore, che Fernando ha poi sviluppato nei racconti raccolti per la prima volta diciotto anni fa nel libro “L’arlecchino di Velate”. La sua vena narrativa ricevette anche il riconoscimento di un grande scrittore come Piero Chiara, presidente della giuria di un concorso letterario indetto dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana in cui De Maria risultò vincitore.
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