Padre e figlio nella stessa squadra? Ci sono pro e contro

Sport e famiglia: diverse sfaccettature di un rapporto non sempre facile. L'esempio di Federico Beri: "In campionato ho cambiato squadra. Ma d'estate torniamo a giocare insieme"

marco federico beri basket uisp

Padre e figlio che giocano nella stessa squadra. Succede, anche se non spessissimo, nel campionato di Basket Uisp di Varese. Una bella esperienza quella di condividere i colori della stessa maglia, ma che può non essere facile. «Giocare con il papà è un po’ complicato, perché un padre è tale anche in campo – afferma Federico Beri, 25 anni, giocatore del Montello Young – Per quello, dopo 5 anni, ho lasciato la sua squadra per cercare la mia. Un bel giorno gli ho detto: “Vado a giocare con i miei amici come fai tu”, e sono andato al Montello. Ma aspetto ogni anno la partita in cui ci scontriamo da avversari».

La partita in questione si è svolta qualche giorno fa, al palazzetto di via Gasparotto a Malnate. «Abbiamo vinto, ma la squadra di mio padre aveva pochi giocatori perché alcuni erano infortunati. Abbiamo giocato 12 contro 7 e devo ammettere che sono stati bravi» spiega Beri junior.

Federico, dal padre Marco (il giocatore della Wool Va di cui abbiamo pubblicato un’intervista due settimane fa, ndr), ha imparato per prima cosa la passione per il basket, poi che l’importante è giocare per divertirsi. Positivo quindi condividere uno sport e avere in casa qualcuno con cui festeggiare la gioia delle vittorie e stemperare la delusione delle sconfitte. Così come avere qualcosa di cui parlare a tavola che vada oltre a quanto accaduto a scuola o al lavoro. Bello commentare le azioni degli avversari da quel punto di vista privilegiato che è tirare allo stesso canestro.

Negativa, invece, la situazione che si crea quando, in campo, non si riesce ad uscire dal ruolo di padre e di figlio e i diverbi degenerano in rimproveri o in rispostacce che possono mettere in soggezione gli altri giocatori e far arrabbiare l’arbitro. Ed è quando i ruoli si fanno troppo ingombranti che a un certo punto, sui campi da gioco come nella vita, i figli decidono di andare per la propria strada.

Oggi i genitori sono sempre più coinvolti nell’attività sportiva dei figli, con comportamenti che Uisp condanna quando trascendono nella tifoseria che apostrofa gli avversari. Può anche capitare che i genitori, proiettando le proprie aspirazioni sui figli, non si accorgano che l’attività sportiva non piaccia o addirittura sia fonte di stress.

Cose che non si verificano quando padre e figlio giocano nella stessa squadra: «Dall’esperienza che ho fatto in campo con mio padre ho imparato che quello che conta è vivere lo sport con leggerezza. Ed è con quello spirito che ogni anno giochiamo ancora insieme nel GiugnOk, il torneo di basket dell’oratorio di Biumo». Bene quindi giocare insieme, nella stessa squadra o da avversari, quando lo sport è occasione di crescita e di divertimento, in perfetto stile Uisp.

SPECIALE UISP – Tutti gli articoli di VareseNews

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Pubblicato il 14 Dicembre 2022
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