Anche io mette in scena il coraggio e la fatica delle donne
Alla prima del film Anche io che racconta l'inchiesta del New York Times a Varese il Miv ha organizzato un incontro con l’avvocata Grazia Davoli, Alessandra Sisti di Gea e la psicologa Sabrina Sozzani
Per la prima del film a Varese il Miv ha organizzato un incontro con l’avvocata Grazia Davoli, Alessandra Sisti di Gea e la psicologa Sabrina Sozzani. Un momento di riflessione per introdurre il bel film di Maria Schrader, Anche io, che ricostruisce la storia che ha portato alla nascita del movimento #MeToo e poi alla condanna di Harvey Weinstein.
“In Italia – ha raccontato Grazia Davoli– il fenomeno delle molestie e violenze sessuali sul lavoro sono regolamentati con norme che riguardano la dignità del lavoratore e della lavoratrice al di là del genere. Molte sono le modalità di molestie così come si può scoprire dalle sentenze. Ci sono approcci per ottenere vantaggi sessuali. Istat e INAIL hanno condotto una ricerca a campione e dal 2016 al 2019 ci sono stati un milione e quattrocentomila casi. Spesso è il silenzio il comportamento che le donne hanno per scarsa fiducia nelle forze dell’ordine. C’è la paura di non esser credute. La maggior parte delle donne hanno dichiarato che di fronte a questi fatti c’è anche una rinuncia alla carriera. Si mina la stima delle lavoratrici. Servirebbe una attività preventiva con una tolleranza zero”.
Alessandra Sisti, presidente dell’associazione Gea ha parlato dell’esperienza sociale legata alle attività a supporto delle persone fragili. “La legislazione ha fatto passi avanti importanti negli ultimi anni. Oggi sono tante le situazioni che possono essere perseguite. La legge Cartabia recepita anche a livello europeo è uno strumento per entrare nel merito e prevede anche l’obbligo di sentire i minori. Con il lavoro dell’associazione cerchiamo di essere pratici e concreti ed è cambiata la mentalità. Da un punto di vista penalistico siamo in una fase ancora di limbo perché stanno cambiando i reati. Ci sono ingranaggi da cambiare. Bisogna denunciare perché ce la si può fare”.
Sabrina Sozzani è una psicoterapeuta e racconta le situazioni psicologiche che vivono i violenti e le vittime. “Sono due le tipologie di soggetti che attivano comportamenti violenti sulle donne. Il Sex offender è attivato da una persona con forti disturbi. Ha bisogni e necessità che poi sfoga sulle donne. Poi c’è il predatore sessuale che ha una vita normale. Non è un malato. È una persona che ha potere ed è lucido nella sua violenza. Controlla e fa di tutto per controllare l’altra persona. Lui è un narciso e pensa di poter avere tutto. La donna rimane vittima con una condizione che può portare anche al suicidio. Si trova da sola a vivere un’identità che non conosceva. Rischia di arrivare comportamenti che possono portarla nel baratro. Una condizione che può essere affrontata solo grazie a una rete sociale e all’uscire allo scoperto senza rimanere sole. Perché sono i violenti a essere sbagliati”.
IL FILM
Il 5 ottobre 2017, il New York Times ha pubblicato un’inchiesta di Jodi Kantor e Megan Twohey sui crimini sessuali di Harvey Weinstein, un famoso produttore cinematografico e predatore seriale. Le due giornaliste hanno ricostruito la strategia utilizzata da Weinstein per coprire i suoi abusi, riducendo le sue vittime al silenzio con grossi assegni e accordi di riservatezza. Questo articolo ha scosso Hollywood e ha avuto un impatto significativo sulla cultura del #MeToo.
Il film “Anche io” di Maria Schrader, scritto da Rebecca Lenkiewicz e prodotto da Dede Gardner e Brad Pitt, si ispira a questa inchiesta e segue le due giornaliste nel loro lavoro di ricerca e di indagine. Il film si inserisce in un genere poco spettacolare, ma molto efficace, che mette in risalto il rigore e la determinazione delle due donne. La rappresentazione della violenza sessuale è lasciata fuori campo, scelta morale che evita di mostrare gli abusi e di concentrarsi sulla complessità delle eroine. Anche io è un film potente e riuscito, che rappresenta un’altra prospettiva sull’inchiesta del New York Times e sulla cultura del #MeToo.
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