Nicolò Martinenghi: “Il liceo scientifico-sportivo è fondamentale per gli atleti che vogliono studiare”
Il campione del mondo di nuoto ospite del "Ferraris" di Varese ha ricordato l'importanza di questo corso nella sua formazione. «Senza questa possibilità avrei dovuto rinunciare a qualcosa». E ricorda: «Giocavo a basket, in piscina per accompagnare un amico»
Dai banchi ai blocchi e viceversa. Negli anni di scuola superiore, Nicolò Martinenghi ha potuto accostare con successo lo studio all’attività di nuotatore di alto livello e ciò è stato possibile grazie alla presenza sul territorio del liceo scientifico-sportivo. Il campione del mondo di Azzate, quattro ori iridati tra assoluti e vasca corta, oggi ha 23 anni ma sottolinea l’importanza di una formazione scolastica di questo tipo e lo fa davanti a ragazzi che, come lui, inseguono un sogno nel mondo dello sport.
Questa mattina – venerdì 3 febbraio – Martinenghi insieme al suo allenatore Marco Pedoja ha incontrato ragazze e ragazzi che frequentano lo scientifico-sportivo del liceo “Galileo Ferraris” di Varese, raccontando la propria storia personale e rispondendo alle curiosità degli insegnanti e dei giovani studenti-atleti. Un incontro molto sentito, concluso con il classico “bagno di folla” fatto di autografi, selfie, fotografie che confermano la portata che ha tra i (quasi) coetanei un campione di questa portata.
«Credo che in Italia questo genere di scuola, oggi, sia l’unica che consenta a un ragazzo di studiare con profitto e allo stesso tempo di allenarsi e gareggiare anche in contesti di alto livello. Senza una realtà simile (Martinenghi ha frequentato il “Pantani” di Busto Arsizio ndr) avrei dovuto rinunciare a qualcosa, o alla carriera nel nuoto o al diploma. Penso che per un atleta sia importante avere questo genere di serenità, di poter vestire magari la maglia della Nazionale sapendo di trovare a scuola un programma che rispetta gli impegni e permette ugualmente di affrontare verifiche ed esami».
Del resto, nel passato, troppo spesso gli atleti rischiavano di essere penalizzati al rientro in classe. Lo ha ricordato Enrico Stocchetti, che ha portato il saluto del Panathlon Varese ricordando come la sua associazione sia vicina al mondo sportivo: «Correvo in moto, nella regolarità, e al lunedì i professori non mi perdonavano la domenica di gare ed erano pronti a interrogarmi per cogliermi in fallo. Per fortuna avevo dalla mia parte un grandissimo sportivo, l’insegnante di educazione fisica che era Ito Giani (azzurro alle Olimpiadi Tokyo, oro alle Universiadi e ai Giochi del Mediterraneo ndr) che mi proteggeva».
Martinenghi ha sottolineato anche l’importanza dei legami stretti sui banchi di scuola: «Le amicizie coltivate nel periodo delle superiori per me sono fondamentali e proseguono ancora oggi. Nell’anno della quinta mi infortunai: fu un periodo complicato a livello sportivo ma meraviglioso sul piano personale proprio perché ho potuto viverlo accanto ai miei compagni. Oggi, rispetto al liceo, sono un’altra persona e un altro atleta, mi sento molto più consapevole e sereno».
Tra le varie curiosità, il campione azzatese ha spiegato come il suo sport all’inizio fosse il basket, lo stesso praticato dal padre. «Poi il mio migliore amico nuotava: per stare insieme più a lungo io sono andato in piscina con lui e lui in palestra con me. È andata a finire che io faccio il nuotatore e io ieri sono andato a vedere una sua partita di pallacanestro… A livello di divertimento preferivo proprio il basket ma del nuoto mi piace il fatto che il risultato finale dipende interamente da me stesso. Certo, ho alle spalle una grande squadra di persone che mi preparano, ma una volta in vasca tocca a me e solo a me. Negli sport di squadra, che sono meravigliosi per lo spirito di spogliatoi che si crea, questo non avviene: si può vincere giocando male e viceversa».
Parlando degli sportivi che lo hanno ispirato, “Tete” cita «quelli vincenti in generale» e «quelli che dimostrano grande passione per il loro sport. Gente come Valentino Rossi, Rafa Nadal o Roger Federer, capaci di restare tra i migliori al mondo per lunghissimi anni, anche in età relativamente avanzata. E poi mi piacciono quelli un po’ pazzi, perché mi ritengo anche io così». Infine ha spiegato di non saper spiegare quello a cui pensa prima di tuffarsi in acqua per una gara: «So che in quel momento ho provato tutti i movimenti e le cose che devo fare una volta sui blocchi. Potrei gareggiare a occhi chiusi, è tutto pronto. È in allenamento che si costruisce tutto».
Accanto a lui, annuisce Marco Pedoja che da oltre dieci anni «lo vedo e alleno due volte al giorno, ci conosciamo a menadito, ci odiamo ed amiamo a seconda delle situazioni. L’allenatore nel nuoto è diverso da quelli del calcio che sono famosi quanto i giocatori: il mio ruolo è quello di stare un passo avanti per riuscire sempre a sorprendere Nicolò in allenamento e permettergli di rendere al 100%, e allo stesso tempo di stare un passo indietro perché poi è lui quello che si tuffa e cerca il risultato. Di certo serve una grande costanza e una grande meticolosità: Tete per limare otto decimi di secondo in una gara ci ha messo quattro anni, per vincere o perdere una medaglia bastano pochi centesimi». Ma, a giudicare dai risultati, il binomio varesino delle piscine, ha trovato davvero la lunghezza d’onda giusta in queste stagioni.
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