Il Preside del Newton: “La scuola torni al passato. I laboratori non si fanno a distanza”
La scuola più popolosa della città ha mantenuto in presenza il più possibile gli studenti e tenuti aperti i laboratori. Il recupero dei saperi è importante così come il contrasto alla dispersione dei ragazzi del primo biennio
La sfida dell’emergenza pandemica per la scuola è stata enorme ed è tutt’altro che superata: la strada per il ritorno alla normalità è ancora in salita. Per capire a che punto è la situazione negli istituti del territorio abbiamo iniziato un dialogo con i dirigenti scolastici che possa aiutare a capire quali sono le prospettive di uno dei settori più importanti e vitali per il futuro del nostro Paese.
L’Isis Newton di Varese è un istituto tecnico e professionale tecnologico. La sua peculiarità sta nell’attività di laboratorio, una caratteristica che ha richiesto una maggior presenza a scuola, anche nei momenti di zona rossa. Il dirigente Daniele Marzagalli racconta come è riuscito a garantire a tutti, compresi i 9 corsi serali, la presenza nel rispetto delle regole sanitarie.
Come avete organizzato la scuola per gestire l’emergenza?
La parte più cospicua è stata fatta l’estate scorsa, quando abbiamo adottato il protocollo antiCovid. Fortunatamente, quest’istituto è dotato di aule ampie e siamo riusciti ad attrezzare gli spazi garantendo il “metro buccale”. Anche i laboratori erano in grado di offrire sicurezza a tutti. Da settembre, quindi, la scuola è iniziata in presenza con tutti gli studenti. Questo istituto ha la popolazione scolastica maggiore in città, con i suoi 1489 alunni. Le lezioni avvenivano dal lunedì al venerdì, mentre il sabato veniva sanificato l’intero istituto.
Quando è iniziata la seconda ondata come avete fatto?
Fino a fine ottobre, non abbiamo mai avuto un caso di contagio. Poi sono iniziate le segnalazioni. Alla fine, i positivi sono stati davvero contenuti, attorno al 4% cioè 62 alunni , 8 docenti e 5 componenti del personale ATA. Nessun focolaio. Questo grazie a un’organizzazione meticolosa, capillare, con 4 ingressi scaglionati nel tempo per permettere il triage e l’igienizzazione delle mani. Quando, però, è stata decisa la zona rossa, siamo stati costretti alla DaD, con la sola eccezione dei ragazzi con bisogni speciali, che abbiamo sempre accolto. Dal 9 dicembre l’istituto è stato riaperto e, da allora, non ho più chiuso completamente. Anche nei periodi più difficili, da zona rossa, ho sempre permesso ai ragazzi di venire un giorno alla settimana per le attività di laboratorio. Era necessario e ne avevano bisogno. Con questa organizzazione concentravamo in una giornata la maggior parte delle lezioni pratiche. Anche i docenti sono sempre stati presenti e così il personale ATA , convinti della scelta.
Poi, a gennaio, siamo passati al 50% degli alunni in presenza e ora siamo al 72% con tutti i ragazzi impegnati negli esami di fine ciclo sempre in aula. Non credo che, entro la fine dell’anno, si potrà ampliare, a causa delle regole per i trasporti pubblici che viaggiano al 50% della capienza.
Da settembre come si dovrà tornare?
In presenza, senza alcun dubbio. Questi percorsi hanno bisogno dei laboratori, di svolgere attività pratiche, di mettere le mani nei motori, di far crescere piante, di sperimentare i quadri elettrici. Non si fa con la distanza. Solo alcune materie teoriche si potrebbero continuare, ma il mio augurio è che si ritorni come prima della pandemia. Sempre in presenza. Siamo in attesa di conoscere le disposizioni ministeriali ma anche di vedere i risultati della campagna vaccinale. Nel caso siamo pronti ad acquistare dei depuratori dell’aria per garantire sicurezza negli ambienti chiusi. Per quanto riguarda l’uso delle piattaforme tecnologiche, io spero che si potrà continuare a fare riunioni on line, con un risparmio di tempo e un aumento di efficacia
Avete potenziato la dotazione tecnologica?
Certamente. Abbiamo acquistato 200 nuovi computer portatili grazie ai fondi del ministero che abbiamo distribuito agli alunni, poi potenziato la nostra rete internet interna , ma dobbiamo ancora completarla.
Il digital divide è un problema?
Certamente. I nostri alunni arrivano da aree diverse di Varesotto, Novarese, Comasco. Abitano anche in zone remote dove la linea internet non c’è. Abbiamo fornito assistenza a tutti fin dove era possibile e di questo ringrazio il team digitale. Ma il problema della connessione da casa c’è sicuramente.
Il recupero dei saperi. È una priorità?
Il recupero dei saperi è un tema fondamentale. Tra l’anno scorso e questo, sono emerse delle effettive problematiche di insuccesso. Sappiamo tutti che a giugno 2020 tutti sono stati promossi per legge. Ma non tutti avevano raggiunto quel grado di conoscenze e competenze necessario per proseguire. Parliamo soprattutto delle materie teoriche perchè nei laboratori i ragazzi sono molto motivati e partecipi.
Avete avuto casi di dispersione scolastica quindi?
Sì, soprattutto nelle seconde: abbiamo avuto 16 ritiri in prima, 29 in seconda 5 in terza, 9 in quarta e 6 in quinta. Le seconde sono state problematiche proprio per questa promozione decisa per legge. Nel triennio sono numeri fisiologici.
La prossima estate offriremo dei corsi di potenziamento sino a luglio. Con i circa 100.000 euro che il Ministero metterà a disposizione per l’estate, progetteremo anche altre attività più ludiche come il corso di canottaggio, che è un classico di questo istituto ma che è rimasto fermo, piuttosto che i tornei sportivi o il teatro. La peculiarità del finanziamento è che si potrà utilizzare entro il 2022, quindi possiamo progettare anche per il prossimo anno.
La scuola sta cambiando?
Io investirei di più sulla dematerializzazione così da abbattere le distanze e la comunicazione tra scuola e utenza. Vorrei che funzionasse meglio anche la relazione emotiva e empatica tra docenti e alunni: trovare quell’autorevolezza capace di abbattere le distanze gerarchie a iniziare dal modello classe così rigido con banchi da una parte e cattedra dall’altra. Vedo un open space dove integrare didattica che abbiamo portato avanti in questi mesi.
Aveste lo sportello psicologico?
Lo abbiamo da anni lo sportello counselling e ha sempre funzionato anche se il distanziamento e le modalità virtuali hanno frenato i ragazzi. Ora, in presenza, sono ripresi i ragazzi hanno ricominciato a usufruirne.
Quanto è aumentato il lavoro burocratico per la pandemia?
Tantissimo. Io sono il coordinatore del gruppo di intervento: per ogni caso positivo ci vogliono due o tre ore perché siamo noi a comunicare e a mettere in quarantena studenti e docenti. Non ci sono più domenica, festivi, notti. Purtroppo da un mese siamo soli: prima Ats ci comunicava il caso che ci arrivava sul portale con trasmissione atto. Ora sono solo i singoli che ci comunicano la positività e dobbiamo gestire tutta la filiera dal caso indice.
Come giudica la collaborazione sul territorio con le autorità?
Il clima tra i colleghi dirigenti è ottimo e ci confrontiamo e consigliamo a vicenda. Ci sono stati momenti difficili quando arrivavano norme e protocolli all’ultimo momento che dovevamo mettere subito in pratica. Buono il rapporto con il nostro dirigente dottor Carcano che ci mantiene sempre informati e anche il tavolo prefettizio ha funzionato bene.
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