
“La politica ha in mente un’impresa che non esiste”
Andare in bicicletta lo rilassa. Ama i libri di Italo Calvino e Primo Levi. Si è formato sui testi del premio Nobel Amartya Sen e dell’economista Luigi Pasinetti. Scarica musica elettronica da iTunes. Questo è il lato B di Mauro Colombo, direttore dell’Associazione artigiani
Ama i libri di Italo Calvino e Primo Levi. Scarica musica elettronica da iTunes, roba di nicchia, «da coda lunga». Andare in bicicletta lo rilassa e ammira il campione svizzero Fabian Cancellara «perché non lascia niente al caso». Ha studiato economia in Cattolica, specializzandosi in econometria e statistica. Si è formato sui testi del premio Nobel Amartya Sen e dell’economista keynesiano Luigi Pasinetti «tra i più i grandi in Italia». Questo è il lato B di Mauro Colombo, nuovo direttore dell’Associazione artigiani di Varese. A lui il compito di raccogliere l’eredità di Marino Bergamaschi, che molti anni fa lo volle al suo fianco negli uffici di viale Milano. «Io rappresento un progetto portato avanti negli anni da un gruppo di persone che è stato premiato perché è stata fatta una scelta interna. Vivo letteralmente in associazione, dove mi sono sempre occupato di gestione. Diamo rappresentanza e riposte alle imprese, questo è un valore importante, un lavoro di costruzione continua».
Che ricordo ha di Marino Bergamaschi?
«Era un uomo giovane di idee. Aveva voglia di scoprire le cose e la curiosità tipica delle persone giovani. Sentiva questa sfida con il tempo e il suo carisma era trascinante».
Bergamaschi usava spesso la parola dematerializzazione e credeva nel ruolo strategico dell’informatica.
«Io con la tecnologia ci vivo e ho guidato il progetto della virtualizzazione della rete associativa. L’informatica per me è passione e necessità allo stesso tempo, un aspetto da cui non si puo’ prescindere. La tecnologia non va subìta, ma bisogna riuscire a comprenderne le potenzialità. I sistemi informativi sono il luogo dove distribuire informazioni che sono fondamentali in un’organizzazione complessa e fatta di persone come la nostra».
Governance del territorio e rappresentanza sono le sfide di ogni associazione di categoria. Come si fa a tenerle insieme?
«Il nostro progetto è riuscire a coniugare la governance con le risposte da dare alle imprese. Noi pensiamo che la sfida vera sia riuscire a leggere il territorio nella sua dimensione sociale ed economica per rappresentare gli scenari prossimi futuri. Rappresentanza degli interessi vuol dire riuscire a dare servizi nuovi, che permettano alle imprese di generare business».
L’ufficializzazione dell’accordo del Capranica è ormai vicina. Pensa che quell’accordo possa sfociare in una rappresentanza politica diretta delle micro e piccole imprese?
«L’esperienza del Capranica è solo all’inizio. Si sta in qualche modo rappresentando meglio l’identità dell’imprenditore che fa piccola impresa. Bisogna identificarlo per capire bene cos’è e di cosa stiamo parlando. Ho la sensazione, tutta personale, che la politica abbia una certa difficoltà ad interpretare questo mondo, perché non è abituata a farlo e perché ha come riferimento un’impresa che non esiste».
Qual è l’identikit dell’imprenditore che fa piccola impresa?
«Ha un rapporto stretto con il territorio, il senso del rischio d’impresa è strettamente legato alla soddisfazione personale, ha un rapporto strettissimo con i suoi collaboratori (dipendenti ndr). È un imprenditore che mette al centro le persone».
Come imposterà il rapporto con le altre associazioni e il sindacato?
«Nel segno della continuità, anzi rafforzeremo il percorso fatto fino ad oggi»
Ha un sogno per l’organizzazione che dirige?
«Quello che stiamo vivendo è un momento particolare che ci impone di ripensare il nostro tessuto imprenditoriale. Abbiamo avuto un passato importante e ora dobbiamo chiederci qual è la vocazione manifatturiera di questa provincia. Bisogna costruire qualcosa di nuovo, un’identità forte della provincia, ma per farlo occorre avere un progetto a monte».

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