“La giustizia quotidiana non si fa con le statistiche. Serve vicinanza umana”

Salone Estense al completo per la presentazione del libro del magistrato Giuseppe Battarino "Un'idea quotidiana di giustizia" (Macchione)

Comune Varese

In un tempo dove la narrazione sembra essere l’approdo sicuro della nostra esistenza, spesso non si coglie che la difficoltà non sta nel narrare, ma nel lasciare una traccia. E come fa un magistrato che per 32 anni della sua vita ha servito lo Stato a capire se ha lasciato una traccia nel suo passaggio istituzionale? La risposta per Giuseppe Battarino, gip del tribunale di Varese, da oggi in pensione, è arrivata ancora una volta dalla comunità che ha riempito il Salone Estense del comune di Varese. L’occasione è stata la presentazione del suo nuovo libro “Un’idea quotidiana di giustizia” (Macchione), ma già nel saluto fatto in tribunale un paio di settimane fa quella traccia era emersa.
(nella foto, da destra, Giuseppe Battarino, in piedi Pasquale Martinoli redattore della “Prealpina” che ha dialogato con il magistrato).

Già, perché nel concetto di giurisdizione di Battarino è fondamentale il rapporto e la comunicazione con la comunità, senza la quale, in ogni sistema, a maggior ragione in quello giudiziario, non ci può essere innovazione e progresso. L’atmosfera barocca e solenne della sala, con la presenza delle autorità a partire dal prefetto di Varese, Salvatore Rosario Pasquariello, passando per il sindaco di Varese Davide Galimberti, fino al comandante provinciale dei carabinieri, Gianluca Piasentin, ha lasciato presto il passo all’affetto dei tanti cittadini presenti  – chiamiamola pure società civile per semplificare – con cui il magistrato in tutti questi anni ha tenuto un dialogo, una relazione.
Un esempio lo ha fornito lo stesso prefetto, lucano di origine, che in un passaggio del suo intervento ha evocato la figura del poeta Rocco Scotellaro, nonché sindaco di Tricarico (Matera) negli anni Quaranta del secolo scorso, di cui Battarino si è occupato in uno dei suoi scritti (“Il sindaco e i diseredati della giustizia”) sulla rivista “Questione giustizia”. Il tema è sempre quello della giustizia, è vero, ma saperlo declinare su più fronti, compreso quello poetico, è la caratteristica peculiare del gip di Varese.

Comune Varese

Il concetto di giustizia trascende quello di diritto positivo. È dunque nel rapporto tra cittadino e magistrato che esercita la giurisdizione, ovvero nel rispetto della legge da una parte e nella sua applicazione dall’altra, che si deve cercare uno spazio di dialogo. 
«Il suo amore per la giurisdizione è evidente – ha detto il giudice Anna Giorgetti, con un tono commosso – Ho letto e riletto un capitolo (Brevissima storia di T., ndr). Le persone che sbagliano devono pagare e il giudice deve applicare la regola con rigore, ma con la necessaria vicinanza umana».

È in questa continua ricerca della vicinanza umana, a qualsiasi livello, che emerge la traccia lasciata da Battarino. Un concetto che lo stesso magistrato sintetizza nell’introduzione a quel capitolo con queste parole: «La brevissima storia di una convalida di arresto: per provare a dire che nonostante la coazione alla giurisdizione paraziendalistica non è inevitabile rassegnarsi allo smaltimento degli affari semplici, non è inevitabile rinunciare a essere, come magistrati, persone che incontrano persone».
Come dire: la giustizia non si fa solo con le statistiche perché i numeri non raccontano tutto.

Da piccolo Battarino voleva fare il macchinista delle ferrovie. Poi, con l’arrivo della tv in bianco e nero, è arrivata anche la passione per l’avvocato difensore Perry Mason. Da grande, una volta fuori dal palazzo di giustizia, ha deciso che continuerà a scrivere, forse un romanzo ambientato nel Comasco, terra di origine di un ramo della sua famiglia. E con il tempo liberato inizierà fin da subito a fare i sopralluoghi. «Saper scrivere è un suo talento – ha sottolineato Martinoli – Sia nelle sentenze che nelle ordinanze non ha mai usato il linguaggio del burocrate».
Il talento non si compra. Al massimo lo si coltiva. E spesso per individuarlo è determinante  l’incontro con persone straordinarie. Per Battarino a fare la differenza è stato Antonino Trifirò, il suo maestro di prima elementare: «È lui che mi ha trasmesso l’amore per la scrittura».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 01 Febbraio 2023
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