Notizie “bufaline”, scoprirle non è difficile
Paolo Attivissimo, del sito Il Disinformatico, svela le domande da farsi per capire se una notizia è vera. A meno che non amiate le bufale...
All’entrata nella sala di Varese Vive molti lo riconoscono e lo salutano. Paolo Attivissimo, autore del blog Il disinformatico, più noto come il "cacciatore di bufale", è sicuramente famoso. E d’altronde in questi anni, con le sue dritte per difendersi dalle piccole e grandi truffe che proliferano in Rete, ma anche in tv e sulla carta stampata, si è guadagnato sul campo autorevolezza, notorietà e spesso riconoscenza (ma anche qualche nemico)
Quasi cinquanta persone hanno seguito l’incontro nella sala di VareseVive, dove Attivissimo è stato intervistato da Francesco Costa de "Il Post"
Cosa fa, nel concreto, un cacciatore di bufale?
"Intanto va detto che se io sono stato il primo a fare questo lavoro in Italia, all’estero i cacciatori di bufale esistevano già da tempo. In poche parole prendo le notizie che circolano sulla rete, in tv e sui giornali e quando c’è qualcosa che insospettisce vado a vedere se c’è sotto qualcosa, una truffa, una notizia creata ad hoc, una cospirazione. Ci sono piccoli team specialistici che lavorano sui vari settori, e strumenti specifici, dei grimaldelli, per scoprire la bufala".
Quali sono gli indicatori a cui fare attenzione?
"Ce ne sono molti. Uno importante è quanto è sensazionale la notizia: più è sensazionale e più sensazionali devono essere le fonti. Cose come "da più fonti risulta", o "secondo i ricercatori ecc" è vago in modo sospetto anche per il lettore più ingenuo. Oggi si può anche linkare direttamente alle fonti, se il giornalista non lo fa deve nascere subito il sospetto della bufala. Se mancano le fonti o dove andare a prendersele è il primo segnale d’allarme.
Se una notizia va contro le conoscenze comuni, la spiegazione più semplice di solito è quella più logica".
Come controllare?
"Partendo dalle mosse più semplici. Di solito nella nostra rete di conocoscenze abbiamo qualcuno che si intende dei principali campi di interesse, chiediamo a lui una prima opinione. Secondo: Wikipedia, soprattutto in inglese, è piuttosto affidabile, e da lì spesso si può andare alle fonti primarie. Terzo: la conoscenza delle lingue straniere, in particolare l’inglese, è fondamentale per poter leggere le fonti dirette o comunque per capire cosa si dice in rete della presunta bufala. Solo con questi semplici strumenti si può già fare una sgrossatura.
Io poi mi faccio sempre un’altra domanda: ma questa notizia è rilevante per la mia vita? Se la risposta è no, allora la scarto e non ci perdo nemmeno tempo. Se invece influisce sulla mia vita o ha rilevanti implicazioni sociali o culturali vale la pena fare un’indagine.
E poi io ho una regola, un po’ cinica ma efficace: le notizie sono false fino a prova contraria".
Un altro grosso campo di indagine, è la cosiddetta teoria dei complotti.
"Quando c’è stato l’11 settembre anch’io sono stato per un quarto d’ora complottista. Poi sono partite le verifiche. Il problema è che i falsi complotti spesso sono creati ad arte per distogliere l’attenzione dai complotti veri. E spesso dietro una bufala c’è anche del business. Ma quando non ci "caschiamo"? Quando ci facciamo la domanda "e se fosse vero?". Se ti fermi a fare questa riflessione spesso la risposta arriva da sola. Chiediamoci anche "mi sono stati presentati tutti i dati?" C’è altro che posso cercare per avere una visione più completa della situazione? Sono state nascoste informazioni o immagini che possono portarmi alla verità?".
"La verità – conclude Paolo Attivissimo – è che molti amano i complotti: se credi a un complotto spesso sei predisposto a quel tipo di pensiero e quindi credi volentieri a bufale, cospirazioni ecc. Questo risponde anche al nostro bisogno di dare una spiegazione logica a cose che non capiamo, di incasellare le cose nel comprensibile e conosciuto. Inoltre queste persone spesso hanno forte identità di gruppo, si sentono "diversamente furbi". Diciamolo, sovente il cospirazionista è innamorato della sua tesi e dunque della sua bufala".
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