Viaggio nella frazione che non c’è (per l’Amministrazione comunale)
Salire a Cascina Mentasti non è facile, viverci ancora meno. Due consiglieri raccontano un pezzo di Varese dimenticata
Sono in pochi ad aver visto davvero questo borgo, ma Cascina Mentasti non è un nome ignoto ai varesini: è ai bordi della città però chi va verso la Svizzera o verso il centro commerciale dell’Iper sente nominare il suo nome, o addirittura vede passare l’autobus che ha come capolinea proprio questo luogo.
Peccato che il capolinea della “N” non arrivi affatto dove dice: è infatti in via Peschiera, e per arrivare nelle case di Cascina Mentasti bisogna farsi a piedi un chilometro di strada tutta tornanti in salita.
Del resto, anche arrivare in auto lì, specie d’inverno, non è proprio la cosa più piacevole: la strada è sconnessa e piena di buche, ed è meglio avventurarsi con un auto nuova se non la si vuole rovinare.
Arrivati in cima, si può anche rimanere stupiti dalla quantità di case che ci si trova: la frazione, anche se isolata, ospita un centinaio di persone nel blocco di cascine ristrutturate che dà il nome alla frazione, o in una serie di ville e villette nella vicina via Majella.
Nessuna di queste case però è dotata di una fognatura di città: «Tutte le case hanno pozzi perdenti, che poi vanno svuotati una volta all’anno, a spese proprie – spiega Luisa Oprandi, consigliera comunale PD che abita in zona – Però gli abitanti di Cacina Mentasti le tasse comunali le pagano come tutti, come se fossero allacciati alla fognatura».
I residenti pagano le tasse anche per le strade comunali, come lo è via Majella: una strada, però che è tutta buchi. «Diversi cittadini ci hanno spiegato che a furia di percorrerla perdono le sospensioni» sottolinea Fabrizio Mirabelli, capogruppo PD in consiglio comunale. La via si conclude senza nemmeno l’asfaltatura: da li parte infatti una “strada bianca” che arriva fino al Golf Belmonte.
«E’ una zona bella, dal punto di vista paesaggistico, per carità. Ma almeno un servizio funzionante dovrebbeero averlo – ribadisce Oprandi – Le fogne, il capolinea, vero, dell’autobus. Qualcosa. E invece adesso non c’è nemmeno più la navetta scuolabus che portava alle elementari di valle Olona».
L’unico “servizio pubblico” esistente nella piccola frazione è il circolo Arci: un bar come quelli di una volta, che vende spuma e bianco spruzzato e ti fa leggere il giornale. Il locale però è riservato ai tesserati: quindi, non è propriamente un luogo pubblico nemmeno lui, anche se fa l’unico servizio di vicinato possibile. Insomma, un luogo dimenticato, persino in periodo elettorale, e di cui i due consiglieri comunali hanno sentito il bisogno di dare una visibilità, perchè sia giustamente oggetto di proposte.
«E pensare che questo negli anni settanta era propagandato come l’inizio di un quartiere residenziale – spiega Oprandi – in quello che adesso è un campo coltivato dovevano farci persino una chiesa. Ma non è mai più successo niente: nemmeno l’allacciamento alla fognatura».
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