Tessile e moda: i punti fermi per la ripartenza del made in Italy 

"Innovazione e sostenibilità nell’industria tessile" di Aurora Magni e Carlo Noé è il primo libro della nuova collana Università Cattaneo Libri

Liuc generico

«I cinque pilastri dell’industria tessile del futuro: sostenibilità ambientale dei prodotti e dei processi, tracciabilità dell’intera catena di lavorazione, impresa smart e 4.0, le startup e, infine, le reti d’impresa come modelli flessibili, già oltre i distretti. Se la grande crisi economica e del settore è alle spalle (lo raccontano i dati economici), la ripartenza deve fondarsi su alcuni punti fermi. Sono quelli che si delineano nelle pagine di “Innovazione e sostenibilità nell’industria tessile“, volume frutto della ricerca accademica svolta nella Liuc – Università Cattaneo e della passione dei suoi autori per un comparto, il tessile e la moda, autentica bandiera del Made in Italy nel mondo. Storie di impresa, interviste agli imprenditori, analisi dei modelli di business, il libro racconta in presa diretta come cambia questo comparto, che cerca di affrontare le sfide mondiali con la stella polare dell’innovazione». Così Fabio Sottocornola, giornalista del Corriere Innovazione, descrive il libro di Carlo Noè, direttore della Scuola di Ingegneria Industriale, e Aurora Magni, docente di Eco efficienza, materiali e processi, della Scuola di Ingegneria della Liuc. Un volume edito da Guerini che apre la nuova collana Università Cattaneo Libri.
(nella foto: Aurora Magni e Carlo Noè)

Strutturato in sei capitoli, il testo descrive le principali caratteristiche e i modelli di business del comparto tessile, si sofferma sulle strategie di innovazione per lo sviluppo di nuovi prodotti e l’ottimizzazione dei processi, ma anche sul peso assunto dalla cultura della sostenibilità e da industria 4.0 e indica gli effetti dei nuovi trend di innovazione sulla domanda di professionalità introducendo riflessioni significative sul ruolo della formazione e dell’Università.

A dare ulteriore valore alla ricerca svolta dai docenti Liuc ci sono tre interviste a opinion leader che consentono di indagare il settore da diversi punti di vista: quello del sistema moda (con Claudio Marenzi, Herno, presidente SMI), della chimica (Paolo Lamberti, Lamberti Group, presidente Federchimica) e delle tecnologie digitali (Ermanno Rondi, Incas, presidente del Tavolo Tecnico della Formazione professionale di Confindustria).

Infine, nell’ultimo capitolo, le storie di sostenibilità di tre aziende particolarmente interessanti per i processi di innovazione introdotti (Radici Group, Filmar e Alfredo Grassi) e di Centrocot, realtà d’eccellenza nell’ambito delle attività di testing e di certificazione.

«Abbiamo condotto questo lavoro di ricerca cercando di evitare i luoghi comuni che solitamente accompagnano le riflessioni sul comparto tessile e della moda spesso descritto come maturo, obsoleto e innovativo solo nelle fasi a valle, ossia nella progettazione stilistica del capo fashion», dichiara Carlo Noè, Direttore della Scuola di Ingegneria industriale. «In realtà siamo di fronte a un sistema manifatturiero complesso, abituato a dialogare con produttori di tecnologie e di prodotti chimici, che non teme le contaminazioni, aperto all’effetto stimolante dell’innovazione tecnologica».

Industria 4.0 può rappresentare un’occasione di recupero di competitività anche produttiva? «Noi crediamo di si – risponde Noè – ma siamo convinti che l’industria tessile non debba rinunciare alla sua peculiarità più preziosa, quella di essere un’industria creativa con una cultura dell’artigianalità e dell’eccellenza». Rimarca Aurora Magni, docente incaricato di Eco efficienza, materiali e processi della Scuola di Ingegneria della Liuc: «Nel corso degli anni l’industria tessile italiana ha saputo cambiare pelle più volte passando da settore labor intensive a capital intensive fino ad assumere le attuali caratteristiche di impresa ibrida: manifatturiera e, nel contempo, culturale come ben dimostrano i prodotti made in Italy della moda e del design. Un argomento fortemente competitivo è oggi offerto dal tema della sostenibilità che consente alla nostra industria di realizzare prodotti non solo esteticamente di valore, ma anche a ridotto impatto ambientale».
«Un approccio in parte sollecitato dalle pressioni dei movimenti ambientalisti e d’opinione che attribuiscono all’industria della moda responsabilità ambientali e sociali, ma – continua Magni – sempre più spesso inteso come l’evoluzione di quel fare le cose bene che è nel dna del comparto. Strategia in cui la ricerca su materiali e processi ha un ruolo fondamentale».

Nessuna ricetta a conclusione del volume, ma tesi aperte intorno alla quali, si augurano gli autori, possano nascere riflessioni e approfondimenti.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Luglio 2017
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