Erano arrabbiati perchè Dean non si decideva a morire
Lo seppellirono indossando le sue scarpe. Lo scrive il gip nell’ordinanza, da cui emerge un piano folle e crudele per sopprimere l’amico. L’ombra della droga, la bugia del cappellino
Il coltello era già nell’auto: Jacopo usò la lama, Andrea lo prese a pugni. Ma dopo quella prima rabbiosa aggressione, Dean fu caricato in auto e portato al campo da calcio del Vivirolo, dove lo accoltellarono ancora. Sembra incredibile, ma la vittima non morì; rantolò e gemette e allora i suoi aguzzini lo caricarono nel baule della Matiz di Merani e se lo portarono in via Duno, dove lo finirono con quattro colpi di piccone al petto e al cranio. Due colpi a testa, secondo quanto ha dichiarato lo stesso Merani. Addirittura, dall’ordinanza, emerge che erano arrabbiati perché “Dean non si decideva a morire”.
E qui, c’è uno dei passaggi più machiavellici della vicenda. Andrea Bacchetta, indossò le scarpe della vittima, durante il lavoro notturno, per evitare che la terra del giardino rimanesse sulle sue scarpe. Una volta chiusa la buca, inventarono un alibi, che riferirono entrambi in questura: uno spacciatore ce l’aveva con Dean. Per il gip, si tratta solo di un tentativo di sviare le indagini. La volontà di uccidere fu eseguita con determinazione. Con unico “incidente di percorso”, la volontà di sopravvivere di Dean. Nel delitto c’è la deliberazione preventiva, il desiderio di supremazia e il disprezzo della vita umana.
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