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“Dopo la morte di Paolo un documentario per far pace con la Val Grande”
Giacomo Coerezza, filmaker varesino, dedica un cortometraggio alla memoria di Paolo Rindi, il giovane scomparso l’anno scorso dopo una caduta. Parteciperà al Trento Film Festival
![\"Tre\", il docufilm sulla Val Grande dedicato a Paolo Rindi](https://staging.varesenews.it/photogallery_new/images/2016/12/caricamento-temporaneo-per-contributo-saj5xgme8t-584820.610x431.jpg)
L’amicizia, la si può vivere in mille modi, anche suonata col pianoforte in un una chiesa lontana. Ma quando un tuo amico muore, lo puoi ritrovare anche con le semplici note della natura, o le immagini dei luoghi prediletti.
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Sono cose che non ti fanno trovare un perché, ma ti aiutano ad andare avanti.
A meno di un anno dalla scomparsa di Paolo Rindi, il giovane studente di filosofia scivolato e trovato senza vita in Val Grande un suo caro amico, il filmaker varesino Giacomo Coerezza, ha girato un docufilm sulla Valle, che presenterà al Trento Film Festival nella categoria documentari. «Mi serviva per fare pace con la montagna. E per ritrovare un po’ di Paolo lassù, dove amavamo andare insieme agli altri amici».
![\"Tre\", il docufilm sulla Val Grande dedicato a Paolo Rindi](https://staging.varesenews.it/photogallery_new/images/2016/12/caricamento-temporaneo-per-contributo-saj5xgme8t-584823.610x431.jpg)
MUSORGSKIJ – Una chiesa vuota, quasi in bianco e nero si riempie di musica che nasce dalle mani di un giovane dai capelli lunghi seduto di fronte al piano. Il ragazzo vive, consuma le note, e quasi viene portato via da quel suono. La scena (nella foto sopra) è di una semplicità toccante ed è immortalata da una videocamera. Ha inizio così, con la melodia di Quadri di un’esposizione, del compositore ottocentesco Modest Petrovič Musorgskij, il cortometraggio di Giacomo. Sono immagini tratte da un viaggio fatto insieme a Paolo un anno e mezzo fa in Norvegia.
«Abbiamo trovato questa chiesa protestante per caso mentre eravamo in visita a Lillehammer – racconta Giacomo – e per caso siamo entrati. Dentro, ecco un pianoforte. Paolo si è messo a suonare. Io a riprendere».
E fin qui niente di strano. Immagini che colpiscono per la bravura di questo giovane musicista e compositore varesino. Una musica meravigliosa, che tale però rimane per i profani. Ma che in realtà possiede un significato molto profondo. Quadri di un’esposizione (qui la musica) è difatti una suite di pianoforte che l’autore russo un secolo e mezzo fa volle realizzare nel tentativo di tradurre in musica alcuni disegni e acquerelli visti ad una mostra dell’amico artista Viktor Aleksandrovič Hartmann, morto prematuramente. Una dedica postuma.
La stessa suonata da Paolo, mentre l’amico immortalava quel concerto estemporaneo.
IL RITORNO IN VAL GRANDE – Giacomo rivede quelle immagini nella sua stanza di Brunello, alle porte di Varese, di fronte al monitor del pc. Riascolta quelle note e decide: «Devo tornare in Val Grande».
Ma non subito.
Passa la primavera. Passa quasi l’estate. Poi la decisione: «Torno».
Ma cos’era la Val Grande per questi ragazzi? Uno sfogo, un rifugio, forse un sogno, «come quello di realizzare un corto sulla vita di Gianfranco Bonaldo, l’eremita, morto nell’estate 2015. Per quindici anni ha vissuto lassù»: di pochi giorni fa la notizia che anche la sua casa se n’è andata, bruciata in un rogo che ha distrutto il rifugio di Vald.
«Paolo amava questi posti e collaborava con me alla creazione delle idee per raccontarli, per viverli. Appunto una di queste era il video sulla vita del Gianfry. Stavamo sviluppando una poetica per raccontare questo luogo».
Poi la disgrazia.
![\"Tre\", il docufilm sulla Val Grande dedicato a Paolo Rindi](https://staging.varesenews.it/photogallery_new/images/2016/12/caricamento-temporaneo-per-contributo-saj5xgme8t-584822.610x431.jpg)
LE RIPRESE – Il documentario è stato girato fra il 9 e l’11 settembre scorsi: ci sono le immagini della partenza, dell’arrivo al parcheggio e della strada che costeggia il rio Pogallo. Fin dall’inizio è il suono della natura a governare. L’acqua. Gli animali. Quel che si sente in un un tramonto, o in un silenzio.
Una narrazione «per immergersi in quanto è stato. Il documentario serve a raccontare ciò che è successo, ma anche raccontare il luogo, che ti insegna a meditate e a rispettare la natura».
Una traversata da Cicogna a Finero, toccando i bivacchi principali, Pian di Boit, Alpe Uovo, strade in parte battute anche da Paolo.
Il titolo del documentario è “Tre”. Tecnicamente si tratta di un’opera “osservativa” o “di osservazione”: la camera è un occhio, e ferma le situazioni mano mano che si presentano.
Entro gennaio la pellicola verrà presentata al pubblico e approderà alla kermesse trentina.
Per Giacomo il documentario serve a far pace con un luogo.
Come per Musorgskij, un modo per salutare l’amico che non c’è più.
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