Passi per rilanciare una sanità lombarda oggi priva di prospettive

Nuovo intervento di Carlo Ballerio, ex Vice Segretario Generale dell’ospedale di Varese, che analizza la situazione della sanità in Lombadia e i suoi "difetti"

sanità

Fontana ha promosso due distinte diligence su quattro discusse società in house di Regione Lombardia, e questa è una buona cosa, ma riguarda il rapporto costi/benefici della stessa Regione e poco incide sui bisogni reali dei cittadini. Il PD, dal canto suo, ha
proposto una commissione regionale di indagine sulla situazione generale della ASST Valle Olona, e del Pronto Soccorso di Gallarate in particolare. Un’iniziativa inutile, di sola immagine, perché le cause dei disagi sono ben note. Potranno anche esserci scelte locali discutibili, ma questa è la parte minore del problema.

Nessuno dice una parola sul nodo cruciale che è rappresentato dal sostanziale fallimento della cosiddetta riforma Maroni del 2015, ma in realtà prodotta da altri noti personaggi, che, al di là delle intenzioni, ha aggravato, o non è stata in grado in grado di gestire adeguatamente, l’incidenza nefasta dalla riduzione dei finanziamenti centrali. La riforma regionale è partita in tromba con l’obiettivo di ridurre il ricorso al privato e vantando nuovi e più rigorosi criteri di selezione dei Direttori Generali. Sul primo obiettivo ci torneremo, sul secondo non si può non osservare che, sarà un caso, la selezione ha collocato in pole position le figure omogenee alla maggioranza regionale, ciascuna con un proprio sponsor politico. Bisogna che tutto cambi perché tutto resti come prima.

Lo stesso discorso vale anche per i Direttori Sanitari e i Direttori Amministrativi. Poi la riforma ha introdotto mega AST (le ex ASSL) sovra-provinciali che non sono in grado di coordinare le ASST del territorio (cioè gli ex Presidi Ospedalieri maggiori cui  sono stati accorpati, con criteri discutibili, i cosiddetti Ospedali minori). Le stesse ASST hanno dimostrato di non avere particolare considerazione per gli ambiti territoriali di riferimento e per le domande di salute che da questi provengono.  Il loro unico riferimento è mamma Regione che premia e sanziona, delle istituzioni locali poco le cale. Certo, la riforma, accorpando realtà diverse, ha ridotto i costi delle Direzioni, ma ha prodotto un sistema complesso e burocratizzato che i cittadini e gli operatori pagano ogni giorno. Quanto al limitare il ricorso al privato accreditato, la riforma ha in realtà cronicizzato una situazione che vede il pubblico per lo più perdente. Infatti, a parità di corrispettivi per caso trattato e per le prestazioni ambulatoriali, il privato  accreditato, copre i suoi costi, remunera i capitali investiti e finanzia gli investimenti, ma non riduce la qualità delle prestazioni,  che è quella che attira nuovi clienti. Il pubblico invece produce utili insufficienti, quando li produce, risparmia sulle prestazioni e non muove un mattone se non con finanziamenti aggiuntivi. La differenza sta nel fatto che il privato accreditato è un’azienda che deve stare sul mercato e produrre utili, mentre il pubblico di azienda hanno solo il nome e qualche aspetto tecnico-amministrativo. Ne deriva un diverso approccio manageriale, l’uno tecnico, l’altro poco tecnico e molto politico.

E’ vero che spesso i manager pubblici si trovano a gestire strutture obsolete che sopportano solo modifiche superficiali, o un mix di vecchio e nuovo, che però ha solo imbellettato vecchie concezioni progettuali e funzionali, ma questo non li esonera dal ricercare la maggior razionalizzazione possibile nell’impiego delle risorse disponibili – umane, strutturali, logistiche e tecnologiche – oggi ancora troppo spesso legato a modelli organizzativi obsoleti, che si limitano a sfruttarle acriticamente, e di sviluppare progetti
di percorsi e raccordi funzionali, e qui è fondamentale l’iniziativa dei Direttori Sanitari Aziendali, superando l’allocazione casuale
delle attività, secondo la logica di piazzarle nel primo “buco” libero, logica che incrementa i costi di gestione, così come fa crescere il grado di insoddisfazione degli utenti e degli operatori. Non basta più, anche se rimane importante, l’esperienza nella gestione sanitaria. Per reggere il confronto con il miglior privato accreditato, occorre un salto culturale e la conoscenza approfondita di strumenti e metodologie gestionali, un salto che ha fin qui visto pochi proseliti nel pubblico e solo su base volontaria, mentre dovrebbe ispirare i criteri di selezione di una classe dirigente.

Carlo Ballerio, ex Vice Segretario Generale dell’ospedale di Varese

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Pubblicato il 15 Maggio 2018
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